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di LUIGI M.LOMBARDI SATRIANI

NON si può sostenere, come vorrebbe malignamente il proverbio, che un “mal comune” sia “mezzo gaudio”, ma è pur vero che, come ci ricorda un altro modo proverbiale, “tutto il mondo è paese”.
Così, mentre l’attenzione e il dibattito italiani ruotano su furti ed episodi di malcostume del nostro impagabile (?) ceto politico, dall’Inghilterra giunge la notizia che Chris Huhne, parlamentare europeo, numero due del Partito Liberal-democratico, si è dimesso dalla carica di ministro dell’Energia e del cambiamento climatico per la colpa attribuitagli di aver mentito, avendo affermato che al volante della propria auto, multata per eccesso di velocità, si trovasse la moglie, Vicky Price, nota economista. Il ministro, che rischiava il ritiro della patente avendo già perso punti per una precedente infrazione stradale, aveva pagato la multa, ma non aveva dichiarato di essere stato lui a commettere l’infrazione e credeva, in tal modo, di avere scampato il maggiore pericolo. La moglie, sdegnata per un tradimento del marito con una donna più giovane, ha raccontato l’episodio della multa a un giornalista, che, rendendo noto il fatto, ha innescato il meccanismo che ha condotto alle dimissioni di Huhne e alla probabile fine della sua carriera politica.
Numerosi sono i precedenti in cui mogli incollerite vogliono in qualche modo nuocere al marito e danno così avvio a processi di ben più ampia portata. Si pensi, per tutte, alla denuncia di Laura Sala, moglie separata di Mario Chiesa, che nel 1992, vista l’esiguità degli alimenti pagati per lei e per il figlio, denunciò come l’ex marito, presidente del Pio Albergo Trivulzio, noto ente assistenziale di Milano, avesse vari depositi bancari per diversi miliardi di lire intestati alla segretaria: la stagione di Mani pulite, che tanto ha segnato il nostro recente passato e ha cambiato radicalmente il panorama politico nazionale, nacque da quell’episodio, apparentemente soltanto privato e familiare.
Di episodi analoghi molti se ne sono registrati nel recente passato. Lo stesso governo britannico non è nuovo a simili incidenti: nel giugno di tre anni fa, il ministro dell’Interno Jacqui Smith si dimise perché il marito si era fatto rimborsare due film pornografici. Ma anche altri Paesi europei hanno vissuto vicende similari: nel 2001 il ministro della Difesa tedesco Karl-Theodore zu Guttenberg si dimise a seguito dell’accusa di aver copiato la tesi di dottorato. E anche al di là dell’Atlantico si sono verificati episodi simili. Sempre nel 2001 il ministro del Lavoro di George Bush, Linda Chavez, rassegnò le dimissioni perché non aveva regolarizzato la propria colf e con implicazioni familiari fu anche la vicenda del presidente Clinton, le cui infedeltà furono accettate dalla moglie ma non dal Paese.
La diffusione di episodi di piccole o grandi illegalità che riguardano politici di ogni schieramento e di ogni Paese può allora portarci a considerare che forse è vero che, in fondo, “sono tutti uguali”, che non c’è rimedio alla corruzione delle politica e che perciò bisogna in qualche modo rassegnarci? Non lo credo in alcun modo.
Tra i casi ricordati e quelli italiani vi sono significative differenze: riguardano i motivi per cui questi ministri e uomini politici si dimettono e le conseguenza pubbliche e private delle loro azioni.
Nel caso di Huhne, dal quale sono partito per questo discorso, si tratta di una malriuscita furbata per mantenere la patente di guida; per Clinton il discredito avvenne non per i piaceri sessuali che si concedeva con la stagista, bensì per avere mentito alla Nazione e la menzogna riguarda anche il caso di Guttemberg.
Possiamo così misurare la forza della rigorosa etica protestante rispetto alla più accomodante etica cattolica.
Per il ceto politico italiano la menzogna costituisce invece uno strumento normale per l’attività pubblica, semmai legittimato dal fine che, si vuole ritenere, giustifica sempre e comunque i mezzi. Non a caso siamo la patria di Machiavelli e le tecniche suggerite al Principe per mantenere il potere non escludono certo la menzogna.
Se perciò la menzogna parrebbe quasi inscindibile dall’esercizio del potere, in Italia da qualche decennio o forse prima – ma sicuramente in modo macroscopico negli ultimi anni – la disinvoltura con cui si è ricorso al raggiro è divenuta tale per cui è parso normale che un ministro si dichiarasse non a conoscenza del fatto che qualcuno avesse pagato qualche centinaio di migliaia di euro per l’acquisto della sua abitazione con vista sul Colosseo. Negli ultimi giorni poi, le cronache hanno raccontato del tesoriere di un disciolto partito, il senatore Lusi, che, mentre lesinava rimborsi per manifestazioni politiche e persino per la spedizione di un pacco (Rutelli dixit), pare abbia destinato circa 13 milioni di euro all’acquisto di una casa al centro di Roma e una villetta a Genzano per la sua famiglia, oltre a compensi a società italiane e canadesi riconducibili a se stesso e alla moglie.
Pur assistendo alla pubblica condanna dei singoli episodi, inevitabile ma con toni a volte di maniera, è dato constatare come paradossalmente tali vicende vengano spesso percepite come normali, quasi che un bene della collettività possa essere rubato con maggiore disinvoltura e minore senso di colpa.
Il clamore suscitato dalla vicenda Lusi ha riportato alla ribalta il tema della gestione del denaro pubblico e ha imposto la necessità di rivedere i meccanismi del finanziamento pubblico dei partiti.
Auspicabilmente si andrà verso il ridimensionamento delle somme destinate ai partiti e l’introduzione di criteri più rigorosi di trasparenza e controllo, ma è illusorio pensare che nuove norme possano condurre meccanicamente all’onestà. Non si diventa onesti per legge né buoni per decreto, come se il furto e l’appropriazione indebita non fossero già vietati.
Le colpe dei politici, ciò che viene giudicato incompatibile con cariche pubbliche, le azioni che vengono ritenute inaccettabili anche quando non arrivano a configurarsi come reati ma comunque suscitano indignazione, questa sorta di limite della tollerabilità delinea una mappa dei valori della nostra società, formano l’orizzonte etico dell’agire.
È indispensabile perciò, a mio giudizio, operare con una più ampia visione che consenta ai provvedimenti puntuali che verranno adottati di non avere l’effetto delle proverbiali grida manzoniane, ma renda possibile una trasformazione reale della politica e della società italiana.
Occorrerà agire sul piano della riqualificazione del ceto politico, sin dalla scelta dei candidati fino ai diversi meccanismi elettorali, che trasformino il Parlamento e ogni altra assemblea o carica istituzionale nel luogo dove collocare le personalità migliori e più qualificate, senza una loro sottomissione a oligarchie che compiano le loro scelte in maniera esclusiva e autoreferenziale.
Infine, e forse in modo più ambizioso, sarà necessario operare per una rifondazione culturale che renda credibili e desiderabili i valori dell’onestà, del rispetto, del perseguire il bene comune, come del resto viene richiesto da settori sempre più ampi della società civile.
Mai come in questo caso, è discorso che riguarda la nostra comunità intera, tutti e ciascuno.

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