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di PAOLO ALBANO

Le idee come le uova non si covano sotto il sedere
(Leonardo Sinisgalli)

Le mani mi soccorrono sempre, mi fanno uscire i pensieri, mi tocco i capelli, me le frego, me le metto conserte per una pausa oppure, all’uscita di un sogno di mal animo, le uso per farmi la croce, mi volto e loro stirano le mia braccia finalmente serene. Non le lascio mai in pace, o scrivono, meglio puntano tasti, o punteggiano gesti o fanno. Raramente le metto in tasca perché so che si scoccerebbero. Sono inseguito dal desiderio di mani che accolgono, che pregano, che scrivono un saluto, che sfogliano carte per trovare e per rispondere. Le mani rifiutano. Conosco troppe mani che rifiutano, si distendono lungo le gambe diritte, non ti parlano e fanno gesti taglienti nell’aria per fermare l’ incontro. Si abbracciano, non abbracciano, si difendono, non difendono, si curano, non curano, si ritraggono, non si posano. Con una firma sono capaci di risposte ma anche di rovine, con il timore della firma negano, fanno disastri, portano alla sconfitta. Vengo da mio padre che portava a casa mani callose, odoravano di grasso appena levato da una crema speciale. Il colore si rifaceva e le dita consegnavano il calore mentre entrava in cucina con noi che lo aspettavamo. Così accadeva in tutte le case in cui tornavano mani che facevano, mani che conducevano per mano. Vengo dal desiderio di un pensiero che si spappola perché non hai voglia di seguirlo, o che coltivi, diventa una piccola idea, la metti nelle mani, altre mani se ne prendono un pezzetto, si riuniscono, la covano e le consegnano vita. Ma vivo nel tempo delle mani in tasca dove non c’è l’attesa di un’idea che chiama a raccolta, unisce un gruppo e lo fa muovere con un movimento solo. Vivo in un tempo dove c’è l’attesa della sconfitta dell’altro nutrita da mani che si fregano per un anticipo di goduria per quello che certamente non avverrà o avverrà tardi, o avverrà senza conseguenze. Eppure il desiderio che qualcuno ha imprigionato in una grotta senza fine, che qualcuno ha spogliato dell’ardore e ha camuffato di velleità incontenibili, si rifarà vivo. Le mani lasceranno le tasche, si alzeranno, taglieranno l’aria che si è fermata, accompagneranno sorridenti un atto di fede, raduneranno altre mani, altre braccia, altre teste, altri cuori e accompagneranno il desiderio di quelli che sapranno tendere la mano e stringerla in un’altra. Calmare, consolare, risollevare, accarezzare, asciugare lacrime, sorreggere, farsi sottobraccio, inzuppare il pane, alzare un bicchiere per un brindisi, aprire la porta ad una signora, fare, poggiare la testa sul pugno e pensare. Mi sono imbattuto in un’ora di mani che hanno sorretto il mio viso. Al foglio bianco che mi scorre davanti ho rivolto pensieri che le mie mani hanno preso l’impegno di narrare con furore.

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