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di VITO BUBBICO
OGGI è la giornata dello sciopero generale proclamato dalla CGIL. Anche chi aveva avanzato riserve e dubbi (in buona fede) sulla tempistica di tale scelta si è dovuto ricredere a fronte dello sconcertante spettacolo offerto dal governo e dalla sua maggioranza. Una manovra finanziaria cangiante (giorno dopo giorno) , varata con un dilettantismo sconcertante e disconosciuta in larga parte persino da ministri e da consistenti spezzoni della stessa maggioranza. La pressione bipartisan della protesta montante nel Paese da parte di Comuni… Regioni e parti sociali, oltre che delle opposizioni, ha già indotto il governo a fare dietrofront su molte delle misure pur scritte nero su bianco in Gazzetta Ufficiale. Una figuraccia di fronte al mondo intero. Ed è proprio tutta questa opposizione generalizzata, spesso bipartisan che più di ogni disquisizione dialettica, ha fatto piazza pulita delle ingenerose e spesso pretestuose critiche mosse alla scelta tempestiva e forte assunta dall’organizzazione guidata da Susanna Camusso all’indomani del varo della manovra. Quanto sta accadendo dimostra come essa sia stata giusta sia nei contenuti che nella tempistica. Considerato che l’obiettivo non era (vedi la dettagliata piattaforma) quello di una mera e sterile protesta, bensì il cambiamento dei contenuti del provvedimento governativo. Aveva talmente ragione la CGIL che già parte delle questioni poste hanno trovato soluzioni, almeno momentaneamente, in sede di esame al Senato (come ad esempio il ripristino delle festività del 25 aprile, 1° maggio e 2 giugno). D’altronde anche i sindacati “amici” di questa maggioranza a loro modo non condividono e protesteranno. E’ davvero troppoquesto voler pervicacemente scaricare tutto il peso dei sacrifici sui lavoratori (ed in particolare su quelli pubblici già abbastanza tartassati), sui contribuenti onesti, con l’aggravante dell’assenza di misure tese allo sviluppo e quindi in favore dell’occupazione delle nuove generazioni. Davvero troppo anche per chi sino ad ora ha tenuto bordone. E’ evidente, quindi, che lo sciopero generale di oggi si colloca a pieno titolo come uno dei tasselli più significativi della battaglia diffusa che nel Paese si sta sviluppando per riscrivere completamente la manovra. Lo sciopero generale della CGIL dopo la manifestazione dei Sindaci di Milano è indubbiamente l’unico altro momento che ha il merito di incanalata a livello nazionale la protesta, in questo caso del mondo del lavoro. Quei lavoratori che oltre ad essere tartassati sul piano economico si ritrovano ad essere l’obiettivo di un’altra odiosa norma, quella dell’ormai famigerato art. 8. Quello che, se approvato, consentirà in ambito locale di poter fare accordi azienda per azienda “in deroga” ai Contratti Nazionali e, addirittura, alle Leggi nazionali. Si potrà anche consentire licenziamenti facili, senza un motivo valido. Che questo non centri nulla con il risanamento finanziario del Paese, che dovrebbe essere la mission del provvedimento legislativo in discussione, è evidente anche per i più distratti. Ma quello che a tutti gli effetti è il classico “cavolo a merenda” ha una sua precisa logica in quella battaglia tutta ideologica di smantellamento delle norme di tutela del lavoro perseguita in questi anni da parte del governo, sostenuto dal padronato e con l’avallo, purtroppo, dalle altre sigle sindacali. Insomma, si persegue nella folle idea di voler riportare indietro le lancette dei diritti dei lavoratori ai bei tempi in cui essi erano inesistenti. L’ultima sera del mese di luglio ci è capitato di presentare un libro che narra delle condizioni dei braccianti di un paese dell’entroterra del materano nel 1939, quando essi si recavano in piazza ed attendevano la chiamata del “padrone” per la giornata di lavoro. Braccianti che poi in tanti hanno dovuto scegliere la via dell’emigrazione in America. E’ stato incredibilmente triste nell’occasione constatare come quel binomio “precarietà-emigrazione” di allora è lo stesso in voga oggi. Ne sanno qualcosa i giovani che hanno incrociato sul proprio cammino proprio quel “ lavoro a chiamata” (utilizzato anche solo per qualche giorno) che è una delle tante scellerate declinazioni della precarizzazione selvaggia odierna del lavoro. Quegli stessi giovani che, proprio qui in Basilicata, non hanno altra alternativa che l’emigrazione. Proprio come allora. Ma lo sciopero generale e le lotte sindacali in genere risolvono da sole tutto questo? Certo che no. Ma senza di esse i cafoni di allora, quelli con a capo Di Vittorio per capirci, non avrebbero migliorato le proprie condizioni e quelle di diverse generazioni successive. Senza di esse non si sarebbe dato dignità di esseri umani a tanta gente sfruttata nel modo più abietto possibile. Ora ce chi pensa che sia possibile approfittare della crisi per resettare tutto. Ed è probabile pure che l’operazione riesca. La confusione è totale e il terreno in tale direzione è stato zappettato bene. E’ ridicolo vedere come si spacci per modernismo un ritorno alla legge della giungla, a quella del più forte. Non è detto che la diga opposta a questo disegno da parte della sola CGIL possa riuscire a sventarlo. Ma che vi sia ancora una siffatta forza organizzata che prova a reggere l’urto di questa massiccia offensiva politica e mediatica è già un miracolo. Sicuramente una grande residua opportunità per le giovani generazioni se vogliono evitare di essere costrette a ricominciare tutto daccapo. Comunque, al netto di queste “quisquiglie”, è indubbio che con lo sciopero generale di oggi la CGIL da voce a tutto il Paese contro una manovra universalmente bollata come iniqua e inefficace allo scopo per cui è stata varata. Il cuore del provvedimento, nostante lo smontaggio e rimontaggio di cui è oggetto, non è cambiato: chi ha di più non paga nulla. Anzi, chi ha di meno paga tutto il conto. Il 93% del reddito dichiarato (quello su cui si pagano le tasse) in Italia è quello dei lavoratori dipendenti e dei pensionati. Sta tutto in questo dato l’iniquità di un Paese in cui l’evasione di larghi strati è tollerata e ben protetta. Cambiare questo stato di cose è l’obiettivo da mettere a fuoco e centrare, già da ora, per rimuovere a regime la difficoltà finanziaria del Paese e per mettere i cittadini tutti sullo stesso piano rispetto alle proprie responsabilità.

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