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di ENZO ARCURI
Lui è un medico, un giovane medico calabrese. Nato in un comune della Presila cosentina, ha studiato e si è laureato a Bologna, qui si è specializzato in dermatologia, è volato in America, negli States per uno stage e poi, sotto la spinta degli affetti e dell’appartenenza, è tornato in Calabria e a Cosenza ha tentato di mettere a frutto le competenze acquisite in anni di studi e di frequentazioni scientifiche. Vicino agli affetti della sua famiglia, ha sperato di farcela e quasi a suggellare questa speranza si è accasato, come si dice, una bella moglie che presto gli ha regalato una bambina. Ha avuto presto un contratto, un incarico a tempo determinato nel reparto di dermatologia del Mariano Santo, uno degli ospedali di Cosenza accorpato a quello dell’Annunziata. Pensava di avere imboccato la strada giusta, in ospedale lo avevano accolto bene, il rapporto con i colleghi era ottimo, i pazienti a avevano cominciato ad apprezzarlo, aveva avuto l’opportunità di mantenere i contatti con gli istituti americani che aveva frequentato. Tutto sembrava procedere per il meglio, a un primo contratto ne era seguito un altro e poi un altro ancora, ogni volta, tuttavia, l’incertezza della riconferma, uno stillicidio insopportabile sul piano psicologico quanto, obiettivamente, penoso e irritante dal punto di vista della stessa dignità di uomo e di professionista. L’anno scorso, come peraltro ha fatto ogni anno, è tornato negli Usa per un breve stage in un istituto di Miami. Qui ha saputo che a Londra cercavano dermatologi, rientrato in Italia ha inviato, nella capitale britannica, il suo curriculum, le sue referenze sono state giudicate sufficienti ed è stato invitato a Londra per un colloquio. Anche il colloquio è andato bene e al nostro dottore calabrese gli inglesi hanno offerto un contratto con alloggio pagato. Quando in ospedale l’ho incontrato per una visita, questo giovane medico, che ha 38 anni, era tormentato per la decisione che doveva prendere. Da un lato le sue radici, i genitori, gli affetti, gli amici, dall’altro sei anni di precariato in ospedale senza una prospettiva concreta di stabilizzazione in presenza peraltro di una grave crisi della sanità calabrese e, in controluce, una succosa e stimolante proposta di un istituto dermatologico di Londra. Dopo avermi visitato, in attesa di una terapia, stimolato anche dalla mia incorreggibile curiosità, si è lasciato andare, ha raccontato per grandi linee la sua esperienza e non ha nascosto il tormento per una scelta importante che altri probabilmente avrebbero fatto senza troppi tentennamenti e che lui invece si apprestava a compiere con mille dubbi e tanta preoccupazione. Non so cosa egli ha infine deciso. Mi è parso abbastanza propenso ad accettare l’offerta londinese e probabilmente ha già preso o sta per prendere l’aereo per Londra. Come peraltro molto sommessamente gli ho suggerito, anche se a malincuore e con una grande pena in corpo. Un altro se ne va, un cervello preparato che avrebbe certamente contribuito a qualificare la sanità calabrese che ne esce evidentemente impoverita. Uno dei tanti, dei molti cervelli che ogni anno continuano ad abbandonare la Calabria, una emorragia che da troppo tempo ormai non conosce sosta e che accentua e acuisce le innumerevoli criticità di una realtà che rischia di bruciare, anche per questo, il proprio futuro.

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