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di OTTAVIO ROSSANI
Veramente Berlusconi riuscirà a concludere la legislatura? (7 aprile 2011). Più della metà degli italiani che votano sperano di no. Il timore è che se rimane alla Presidenza del Consiglio ancora per i due anni e mezzo previsti riesca a fare tanti di quei danni all’Italia che per recuperare il Paese dovrà subire almeno altri dieci anni di “magra”. Il fatto che lui continui ad assicurare “andremo avanti fino al 2013” fa pensare ad una cosa elementare: egli sa che se si andasse a votare adesso, la sua coalizione perderebbe le elezioni. Non c’è un dato preciso che confermi questo, almeno non diffuso dalle società di ricerche di mercato. Berlusconi ha sempre esibito i risultati di periodici sondaggi. Ebbene, è da tempo che non cita percentuali da un sondaggio. Se gli esiti fossero a lui favorevoli, li avrebbe comunicati con la solita sicurezza di sé. Invece, millanta una sicurezza che non ha. In tutte le sue uscite pubbliche, le ultime in Tunisia e a Lampedusa, mostra i muscoli, i sorrisi, fa promesse improbabili, e ha ricominciato a parlare di complotti (della magistratura, dei Paesi europei), di progetto eversivo (dei magistrati). Insomma, egli attribuisce agli altri ciò che in realtà dovrebbe attribuibile a se stesso. Del resto è lui che ha detto che bisogna fare in fretta a cambiare la costituzione per mettere al loro posto magistrati, deputati e senatori, imprenditori e le altre forze produttive, in modo che nessuno lavori contro l’Italia. Questo è un aspetto che deve far pensare molto sulla pericolosità di Berlusconi. Se egli si identifica con l’Italia e se pensa che tutti in questo momento stanno remando contro l’Italia, cioè contro di lui, in realtà è lui stesso che è vittima di conati autoritari ed eversivi. C’è un libretto agile e rapido, scritto da Antonio Gibelli, professore di storia contemporanea all’università di Genova, Berlusconi passato alla storia (Donzelli, pagg.121, euro 12,50), che fa la radiografia di tale pericolosità. Infatti Gibelli parla chiaramente de “L’Italia nell’era della democrazia autoritaria” (sottotitolo). Partendo dalla constatazione che negli anni Novanta si è creato un “vuoto ideologico”, dovuto al crollo delle grandi filosofie politiche che costituivano l’ancoraggio etico-sociale e alla conseguente polverizzazione del “panorama sociale”, Gibelli registra che c’è stata la contaminazione deleteria tra l’offerta politica e la pubblicità commerciale. La preminenza assoluta del marketing, in questo quadro, porta al conflitto con i principi basilari della democrazia. E scrive: “L’idea che vi siano altri poteri che possano interferire o limitare quello derivante dalla preferenza del mercato politico, appare inammissibile nell’ottica del berlusconismo e questo prefigura una democrazia autoritaria”. Ma non è proprio dei sistemi democratici fondarsi su istituzioni di controllo oltre che di governo? E più avanti Gibelli precisa: “Benché abbiano ragione quanti ritengono che sia improprio parlare di dittatura in senso classico, tuttavia appare ugualmente insostenibile la tesi che ci si muova, malgrado l’esercizio sempre più forte e insaziabile di questa egemonia, nella normalità democratica”. Infatti, è normale che il Governo tenti in tanti modi di mettere in crisi la stampa? (Grazie a Sergio Zavoli, presidente della Commissione di vigilanza, i tal show non saranno costretti a diventare tribune elettorali, come aveva proposto il PdL). E normale che ogni volta che viene stoppato, minaccia di cambiare la Costituzione? L’ultima uscita è stata: ora facciamo in fretta a cambiare la Costituzione, perché questa vigente non permette di governare. Ecco, egli tende a ritenere inammissibile che ci siano poteri nello Stato che possano e debbano interferire con l’azione di governo. Gibelli aggiunge: “Sembra ragionevole affermare che nell’età berlusconiana l’Italia è stata ed è teatro, per la prima volta in un paese occidentale del secondo dopoguerra, di un esperimento molto spinto di democrazia autoritaria”. D’altronde, è abbastanza evidente che Berlusconi sta attuando in parte il programma piduista elaborato a suo tempo da Gelli, gran maestro della P2 (per rendersi conto, leggere il libro La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi, a cura di Anna Vinci, appena pubblicato da Chiare Lettere, pagg. 576, euro 16,60), che aveva in mente un “piano di rinascita”, definito democratico, in realtà autoritario per l’Italia. E Berlusconi era nella lista degli iscritti alla Loggia di Gelli. Gibelli scrive ancora: “Altri hanno considerato perfettamente calzante la categoria di bonapartismo (con riferimento a Luigi Napoleone Bonaparte, imperatore dei francesi tra il 1852 e il 1870), che uno dei principali dizionari in lingua italiana definisce come «un regime autoritario e personale fondato su un consenso di tipo plebiscitario»”. E dunque, Berlusconi si comporta da piccolo Bonaparte, che ama tanto il consenso e lo propaganda come l’unico valore legittimante del suo potere. Ma egli ha giurato sulla Costituzione italiana e a quella deve mantenersi fedele finché è Presidente del Consiglio. Non può essere Governante in base alla Costituzione vigente ma comportarsi come se la Carta fosse stata già cambiata. Questo secondo atteggiamento è, sì, eversivo. Possibile che di ciò non ci si vuol rendere conto? *** E a proposito di Berlusconi, sono andato a vedere il film Silvio Forever (9 aprile), “autobiografia non autorizzata” di Silvio Berlusconi, con la regia di Roberto Faenza e Filippo Macelloni. Un film che, secondo me, dovrebbe essere visto da tutti i cittadini. La sceneggiatura è di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, gli autori del best seller La Casta, che nella sua essenzialità di numeri e fatti è tutt’altro che un libro di facile successo, quindi la sua vendita che ha superato il milione di copie deve far pensare quanto sia l’esigenza degli italiani di sapere cosa succede nei meandri del potere politico. Che il potere porti alla degenerazione dei rapporti istituzionali si sa da sempre. Llo sapeva anche Machiavelli quando ha teorizzato che per raggiungere il fine il principe può e deve usare qualsiasi mezzo. E questo concetto è interiorizzato da secoli nel cinismo italiano. Perciò la corruzione, il familismo, il nepotismo, e soprattutto le compromissioni criminali e mafiosi nella gestione del potere. L’Italia che ha vissuto il Ventennio dovrebbe ormai essere vaccinata e non farsi più turlupinare dal potente di turno. E invece no. Ecco che da vent’anni il potente di turno, che è entrato nell’agone politico per proteggere le proprie aziende che nel 1994 erano messe abbastanza male, riesce a imbambolare una metà degli elettori, che si riconoscono in lui, nei suoi comportamenti e perfino nelle sue barzellette e boutade spesso fuori luogo. Questo film sicuramente sarà vissuto da sostenitori e da oppositori in modo diverso. La precisione documentaria con filmati e dialoghi o dichiarazioni autentiche (quasi sempre), tuttavia, rispettando la veridicità degli eventi, mette in evidenza alcune grandi bugie del leader venuto dalla Brianza. E al di là della risatina obbligata, speriamo che chi ascolta si indigni proprio per le bugie. Credo che in ogni caso questo film costringerà a una sia pur minima riflessione. È proprio necessario, in vista anche di eventuali prossime elezioni (o solo dei prossimi referendum a maggio).

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