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di LUIGI NIGER
I giorni trascorrono nella tristezza, nello smarrimento, nell’incredulità. La miseria economica e sociale, morale e culturale, nella quale il nostro paese è sprofondato, senza speranza di risalita in tempi ragionevoli, fa paura e rabbia nello stesso tempo, una rabbia, per il momento, trattenuta e repressa a fatica. Si colgono nelle parole e gesti dei tanti giovani senza domani, nelle donne non ancora mercificate, nei meridionali da sempre sfruttati e dimenticati, nei poveri condannati ad una povertà sempre più nera e dura. D’altra parte il degrado, il declino, il decadimento, a tutti i livelli, hanno trovato un protagonista indiscusso e un interprete impareggiabile, o meglio un utilizzatore finale, in Berlusconi e, soprattutto, nel berlusconismo. Una tragica pagliacciata che dura ormai da circa vent’anni e che lascerà per decenni segni indelebili nel corpo e nella mente di tanti italiani. Il miliardario avventuriero e la sua compagnia di ventura, per molti aspetti peggiore del capo, hanno trovato complici e supporti notevoli e significativi a partire, per indicarne solo alcuni, dalla gerarchia cattolica, dalla storia del popolo italiano, dal livello dell’opposizione politica. Ancora una volta la gerarchia cattolica per la sua insaziabile e anticristiana sete di potere e di denaro si svende e compra nel nome dei valori. Per carità, niente di nuovo sotto questo cielo plumbeo, l’avevano già compreso molto bene Dante e Machiavelli e tanti altri. Al di là dello scempio evangelico, che non sta a noi valutare ma al gregge cattolico, in particolare in Italia la gerarchia cattolica ha edificato nel corso dei secoli, come scrive nel suo ultimo bel libro Ermanno Rea, una vera e propria fabbrica dell’obbedienza, temendo e censurando, con tutti i mezzi (dall’isolamento al discredito alla violenza fisica), il pensiero critico e diverso, il pluralismo delle idee, il senso civico, l’etica della responsabilità individuale. Nel corso dei secoli ha familiarizzato o addirittura incentivato comportamenti magici, superstiziosi, delinquenziali, dittatoriali. Tanto una confessione e un perdono non si negano a nessuno, anche un secondo prima della morte. Da Franco a Pinochet, da Mussolini a Berlusconi, per limitare il campo ad alcune illustri personalità cattoliche del Novecento, la gerarchia cattolica ha legittimato e continua a legittimare la violenza, la corruzione, il cattivo esempio. Ovviamente in modo garbato, felpato, tacendo o ammiccando. Sorretta, educata, manipolata da questa fabbrica della passività, dell’ignavia e dell’ipocrisia, tanta parte del popolo italiano non poteva che mostrare comportamenti servili, acquiescenti, da rimbambiti. A tal punto da ingoiare l’ingoiabile, da subire qualsiasi umiliazione. La vera egemonia culturale in Italia l’ha sempre avuta la gerarchia cattolica con le sue ramificazioni capillari a livello di territorio, altro che gli isterismi e i funambulismi di un Ferrara o di uno Sgarbi, consiglieri neanche di un principe della risata. A tutto questo si è aggiunta un’opposizione mediocre, imbelle, rissosa, incapace di costruire un’alternativa e una religione civile e della libertà. Mentre l’indegno e inverecondo spettacolo italiano continua nel mondo arabo migliaia di giovani danno la loro vita, che è l’unica che hanno, nel nome della libertà e della dignità umana. Con il loro sangue hanno determinato la caduta di tanti rais, guarda caso tutti grandi amici del capocomico. Mai come oggi la violenza si diffonde a macchia d’olio, a livello collettivo e individuale, negli stati e nelle famiglie, nelle scuole e nelle chiese. Non sarebbe il caso di chiedersi perché e come mai la violenza sia sempre più pervasiva e crudele, al punto da colpire, in casa nostra, bambini e ragazzine non ancora adolescenti? In che cosa abbiamo sbagliato e continuiamo a sbagliare? Cosa si può fare, a partire da oggi e non da domani? Probabilmente ai padroni della tecnica, del mercato e delle anime non importa porsi domande di tal genere, ma chi aspira e si batte per l’avvento di una società più umana e più giusta non può farne a meno, pena la dichiarazione di una resa incondizionata, anche se noi speriamo disperatamente, soprattutto, nella forza e nel coraggio delle donne e dei giovani. A volte, gli schiavi e gli esclusi possono sconfiggere l’egoismo becero e il cinismo cosiddetto intelligente.

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