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di PIETRO MANCINI
Ieri si è realizzato il sogno del noto pubblico ministero partenopeo, John Henry Woodcock, che sbattè in un’umida e fatiscente cella del vetusto carcere di Potenza Vittorio Emanuele di Savoia, poi assolto. Alfonso Papa è stato tradotto, dai carabinieri, nell’aula della prima sezione penale del tribunale di Napoli, ammanettato con gli schiavettoni: è apparso dignitoso, ma molto depresso, oltre che dimagrito di 25 chili. Papa è un magistrato, avversato dalla maggioranza dei suoi colleghi, in quanto vicino allo spigoloso “sceriffo di Palmi”, don Agostino Cordova, poi deputato dell’ancor più combattuto cav. Silvio Berlusconi, e adesso, da 3 mesi, rinchiuso a Poggioreale (con altri 4 detenuti, in una cella di 15 metri quadri) per l’inchiesta sulla “P4”. Il presunto capo di questa loggia, Gigi Bisignani (stralciata, ieri, la sua posizione), è “ristretto” nella sua splendida villa romana. Non so se Papa – il cui processo è stato rinviato all’8 novembre e la cui vicenda sarà portata dai suoi colleghi all’attenzione del Consiglio d’Europa – abbia risposto ai giudici, come fece un suo concittadino molto più noto, l’ex ministro dc Gava, quando i carabinieri andarono ad arrestarlo, nell’ambito di un’istruttoria, che si concluse con un flop e con l’assoluzione dell’ex parlamentare: «Sono Antonio Gava, anzi lo ero….». Una brutta giornata, per i garantisti e per i fautori di una giustizia non certo, ottusamente e sempre, innocentista, ma serena, equilibrata, non vendicativa, 18 anni dopo l’ordine di Tonino Di Pietro ai carabinieri di trascinare in manette, davanti al tribunale di Milano, il forlaniano Enzo Carra, oggi deputato di “Pier Furby” Casini. Giulianone Ferrara, lo stesso Cavaliere, irreprensibili garantisti con altri imputati o indagati, ben più influenti e temuti del “Carneade” napoletano – come l’avvocato reggino, Cesare Previti, il senatore di Palermo, Marcello dell’Utri, e, da ieri, il presidente del Senato, Schifani, “mascariato” da un pentito di mafia – avrebbero potuto, forse, spendere qualche autorevole parola e compiere qualche gesto significativo, come far visita al detenuto. E non solo e non tanto a favore di don Alfonso, sostenuto dalla coraggiosa e dignitosa consorte, l’avvocatessa Tiziana Rodà. Ma, soprattutto, contro la definitiva invasione di campi, ben al di là di questa vicenda, che non sono di competenza delle toghe, bensì del Parlamento – presieduto dal gelido Fini, succube, oggi come nel 1992, dei pubblici ministeri – da parte dello squadrone giustizialista, ancora molto folto in Parlamento e nelle Procure. E, a proposito di Fini, proprio sulla terza rete della Rai, da un programma anti-berlusconiano, “Ballarò”, nella serata di martedì, è venuta la conferma che c’è, ed è clamoroso, un problema molto preoccupante e da affrontare, con urgenza. E riguarda la terza carica dello Stato che, come un Bocchino qualsiasi, si è scagliato, con violenza, contro il suo “sdoganatore”, Silvio Berlusconi, e contro i ministri, che rappresentavano, in studio, l’odiato, ma legittimo, governo: Gelmini e Rotondi. Gianfranco ha attaccato, senza contraddittorio, oltre all’assente Bossi, anche la moglie dell’attempato e sofferente senatùr, additandola al pubblico ludibrio come percettrice di una pensione, che la signora, ex insegnante, incasserebbe da quando aveva appena 39 anni. Giorgio Napolitano, con saggezza, trovi il modo e le forme per ricordare all’allievo di Almirante che un presidente della Camera, in ossequio al suo ruolo istituzionale, deve astenersi dal concionare, in un talk televisivo, litigando con i suoi ex alleati, adesso considerati “infami servi” del Cavaliere – per 17 anni ossequiato e riverito dall’ex capo del Msi – del cui governo si auspica la caduta, ricorrendo anche ad alleanze innaturali, quale sarebbe la inedita liaison tra gli ex comunisti di Vendola e gli ex fascistoni di Fini. Almeno sino a quando il capo dello Stato non avrà sciolto il Parlamento e indetto i comizi elettorali, il leader dell’ Fli dovrebbe contenersi ed esternare, con equilibrio e moderazione. p.s. Crolli, frane, allagamenti, morti, dispersi e sfollati. Ma, stavolta, oltre a confidare nell’italico stellone, non possiamo far scendere in campo uno dei più stimati professionisti della Protezione civile, Guido Bertolaso. L’ex sottosegretario – che lavorò, con efficienza e trasparenza, con tutti i governi, di centrodestra e di centrosinistra – è stato “mascariato” dalla “macchina del fango”, a causa di un massaggio, praticatogli in un centro sportivo di Roma… Italia 2011: Paese normale e Giustizia giusta, cari lettori?

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