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di FRANCO LARATTA
Forse ci siamo. L’attuale legge elettorale, il famigerato “porcellum” così definito dal suo stesso padre, il ministro Calderoli, potrebbe vedere presto la fine. Negli anni scorsi alcuni parlamentari (e chi scrive è tra questi) hanno presentato proposte di legge tendenti a superare l’attuale sistema elettorale. Ma il Pd proprio di recente ha fatto un notevole passo avanti in questa direzione formulando una proposta di legge con una nuova legge elettorale. Il “porcellum” leghista va certamente cambiato. Così com’è non è assolutamente accettabile, è scarsamente democratico, ha provocato un baratro tra cittadini e politica. E poi umilia gli stessi parlamentari che sono costretti a subire lo strapotere del governo che sottomette le Camere al suo volere: basti pensare che in questa legislatura l’80% delle leggi approvate dal Parlamento provenivano dal Governo (quasi sempre con Decreti legge) e quasi tutte approvate con il “voto di fiducia”: cioè prendere o lasciare, cari parlamentari! Tutto ciò ha provocato una rottura degli equilibri costituzionali e trasferito di fatto la funzione legislativa dalle Camere all’esecutivo. Un dato questo che non trova riscontri in nessun’altra democrazia moderna. Il “porcellum” va cambiato perché il Parlamento deve assolutamente recuperare la sua centralità e il prestigio perduto; deve tornare ad essere il cuore del sistema istituzionale democratico; deve rappresentare esclusivamente la volontà popolare. Anche perché, e non dimentichiamolo mai, la nostra è da sempre, e per Costituzione, una Repubblica parlamentare, con buona pace di quanti hanno lasciato credere di essere divenuta una Repubblica (semi) presidenziale. In realtà, l’elezione diretta del primo ministro è poco più di una farsa inscenata da Berlusconi, alla quale purtroppo sono caduti i partiti, l’informazione e gli stessi cittadini. Quali sono i difetti più gravi del “porcellum”? Il premio di maggioranza che la legge attribuisce al partito o alla coalizione vincente è uno schiaffo alla democrazia. Si tratta di un premio spropositato per il numero di deputati in più assegnati. In sostanza, anche se vinci con il 35% dei voti, ottieni la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera (al Senato è diverso). Un sistema elettorale così non ha eguali nei parlamenti europei. Va bene un premio di maggioranza per consentire la governabilità. Ma il porcellum esagera veramente, dando uno schiaffo alla reale volontà del corpo elettorale. L’altro grave limite dell’attuale legge elettorale, votata dalla maggioranza di centrodestra alla fine della legislatura 2001/2006, sono le cosiddette liste bloccate, l’eliminazione cioè delle preferenze. Le liste vengono compilate dai vertici dei partiti (in alcuni casi dal solo padre-padrone) senza alcuna partecipazione alla scelta o convalida da parte degli iscritti: con le primarie per legge sarebbe stato diverso. Ma così oggi non è. E così in Parlamento finiscono personalità della società (che magari con il sistema delle preferenze non risulterebbero mai elette) ma soprattutto un bel gruppo di attrici, veline, funzionari, amici, avvocati difensori, compagni di avventure, politici inventati. Con il drammatico risultato di rendere il Parlamento quasi un sorta di dipendenza dei capipartito o capicorrente! Non sono del tutto convinto della bontà del sistema proporzionale (con preferenze) che di solito premia le “macchine dei voti”, rende possibili i condizionamenti criminali e mafiosi, produce costi elettorali altissimi in termini di risorse finanziarie impegnate, soprattutto nel Sud Italia. Ma certamente ci sono sistemi migliori del porcellum. Il mattarellum funzionava bene (ma anche qui sono necessarie le primarie per legge che permettano ai cittadini di scegliere il candidato del partito in quel collegio), così come potrebbe andare bene una legge maggioritaria a doppio turno, e un sistema misto sul tipo della legge che sta per presentare il Pd in Parlamento. Votare con il porcellum, come vorrebbe il Pdl sarebbe un errore grave, che provocherebbe il crollo della fiducia nella politica, già di per sé molto bassa, e i parlamentari eletti sarebbero ancor di più visti come “dipendenti” dal potere esecutivo e da quello politico. E’ comunque appena il caso di dire che da sola la legge elettorale non basterebbe. Occorre una vera e propria stagione delle riforme. Nella scorsa legislatura, quella breve con Prodi presidente, iniziò il cammino parlamentare della “Bozza Violante”. In prima lettura venne approvato un nuovo impianto istituzionale, con la fine del bicameralismo perfetto quale elemento fondamentale. Quindi una sola Camera con funzioni legislative (notevolmente ridotta nel numero dei componenti), il Senato federale, il rafforzamento del ruolo del presidente del Consiglio, la revisione delle funzioni di altri organi costituzionali e così via. Dalla Bozza Violante occorre ripartire per cambiare le istituzioni democratiche del Paese, oggi notevolmente appesantite e lente. Ma occorre mettere mani anche alle Regioni, che sono sempre più una macchina costosissima e burocratica, alla Province e agli enti locali per renderli più efficienti, ai tanti enti inutili dello Stato che oggi appaiono decisamente superati.

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