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di DOMENICO LOGOZZO
«I Bronzi di Riace non si devono muovere da Reggio». Sandro Pertini era stato categorico nel gennaio del 1984, incontrando l’allora presidente della giunta regionale, l’avvocato Bruno Dominijanni. «Dite no agli Stati Uniti», era stato il suo deciso invito, dopo che da oltreoceano era giunta la richiesta di “trasferire” i Guerrieri a Los Angeles per le Olimpiadi. Presa posizione anche l’Accademia dei Lincei, con il presidente Giuseppe Montalenti: «Nettamente sfavorevole, con l’augurio che il governo assuma le sue decisioni in senso negativo, facendo prevalere le ragioni culturali sopra ogni altro interesse». E “no” fu, nonostante un mare di polemiche. Anche in seguito. Quando vennero avanzate altre proposte. L’ultimo no a Berlusconi, che due anni fa voleva esporli a L’Aquila per il G8. Ci aveva provato successivamente anche il ministro Bondi. Ma senza fortuna. Ora i bronzi patrimonio dell’umanità, simbolo della Calabria culla della civiltà, tornano ad essere al centro delle polemiche. A riparlare dei bronzi e ipotizzare “guerrieri in viaggio”, è stato il nuovo ministro della cultura, Giancarlo Galan. Decisa la risposta negativa dei maggiori esponenti delle istituzioni calabresi. Galan, al Sole24Ore ha detto: «I Bronzi di Riace che sono stati trovati nei mari della Calabria, ma solo per questo devono rimanere in quella zona?». Ritornano alla mente le parole di Dominiijanni che 27 anni fa, riferendosi al dibattito sul viaggio dei Bronzi, aveva polemizzato con coloro che avevano definito gli amministratori calabresi come «amministratori da sottosviluppo». Dominiijanni aveva anche espresso la preoccupazione per «le venature razziste insite nella ripresa della polemica Nord-Sud». Ritorno al passato? No e poi no. E’ l’augurio di tutti quanti hanno effettivamente a cuore le sorti della regione più martoriata del Sud del Sud. Depredare ancora la Calabria. Non è possibile. Non è giusto e sarebbe certamente un clamoroso dietrofront, nel momento in cui tanto si parla a livello governativo di “ particolare interesse” per le sorti di questa terra. Dubbi e sospetti, diventano a volte persino legittimi, considerando le troppe ingiustizie subite e le continue amare delusioni per le promesse non mantenute. Spostare i Bronzi, renderli “bene itinerante”, sarebbe un’altra grave “mutilazione” per la cultura e un’altra grave penalizzazione per il turismo della Calabria. E pensare che poco meno di 30 anni fa, il 2 marzo 1982, un altro ministro della cultura, Scotti, presente proprio a Reggio per i Bronzi, aveva detto: «Il progetto degli itinerari turistici del Mezzogiorno farà di Reggio Calabria la capitale della Magna Grecia». Un grande progetto. Una visione positiva per il futuro della città dello Stretto. Area di forte interesse turistico-culturale, con riflessi economici notevoli. Utili puliti, prospettive di lavoro per i giovani. Più sviluppo, meno disoccupazione intellettuale. Minori spazi per le forze antisociali. Altro che capitale della ‘ndrangheta! Quanta differenza tra le parole di Scotti e quelle di Galan sulla “gestione” di un tesoro che appartiene ai calabresi e non può essere saccheggiato. Non ci possono essere dubbi sulla necessità di impedire i “viaggi dei Bronzi”. Non si possono consentire ulteriori scippi. Va chiesto il dovuto rispetto per una popolazione che ha subito troppo e che deve essere aiutata a risollevarsi dalla situazione di grande difficoltà in cui versa. Sono tante, troppe le ragioni del no. Si deve impedire che i tentativi di “spostare” i bronzi di Riace prima o poi si realizzino. Va tenuta alta la guardia per proteggere i due capolavori scoperti nel 1972. A questo proposito è opportuno ricordare quello che scrisse il grande critico d’arte Federico Zeri nel 1984, dopo che il governo disse no agli Stati Uniti: «Per una volta, l’intelligenza l’ha avuta vinta sulla stupidità. O, meglio, ha vinto la cultura sull’ignoranza. Il progetto d’inviare a Los Angeles i due preziosissimi, unici, insostituibili bronzi di Riace era segnato, sin dall’inizio, da connotati talmente assurdi e irrazionali da far sperare in un deciso rigetto da parte delle competenti autorità. Cosa voleva dire, spedire a rappresentare la cultura italiana due opere d’arte greche? Oppure, ergere a simboli dei Giochi Olimpici due immagini di guerrieri (e quali crudelissime immagini!)? E cosa dire poi della reputazione che avrebbe sortito l’Italia mandando a spasso, per migliaia di chilometri, due fragili statue, che solo per un vero e proprio miracolo sono sopravvissute allo sfacelo della cultura e dell’arte classica? L’aspetto, poi, straordinario della vicenda e che la folle richiesta proveniva non dall’alto, ma dagli organizzatori di un Festival di cui il manifesto (raffigurante un pagliaccio) denota inequivocabilmente il livello della manifestazione. Ma la cultura, per una volta, l’ha avuta vinta: non c’è che da rallegrarsene. Spedire i due Bronzi avrebbe costituito un atto di spaventosa inciviltà, un episodio di quella cupidigia di servilismo (per usare le parole sempre attuali di Vittorio Emanuele Orlando) che non giova al prestigio nazionale, bensì accresce lo strato di aura da Terzo Mondo, di colonialismo culturale sotto il quale l’Italia, almeno a livelli qualificati, minaccia di venir sepolta». Il ministro Galan farebbe bene a tenere conto di questi saggi “richiami” che arrivano dal passato e che sono di straordinaria attualità. Le critiche di Federico Zeri debbono far riflettere chi ha istituzionalmente il dovere di tutelare il patrimonio d’arte italiano. Altro che “bronzi viaggiatori”, ma bronzi da valorizzare, per far crescere i luoghi dove sono stati scoperti. La fortuna, una volta tanto, ha baciato la tanto bistrattata provincia di Reggio. Perché voltare le spalle alla dea bendata? Perché portare altrove questi tesori?

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