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di DOMENICO GATTUSO
Da troppo tempo in Calabria non si pianifica lo sviluppo del sistema dei trasporti. L’analisi tecnica delle problematiche, lo studio di fattibilità di un intervento, l’esame del rapporto fra domanda di mobilità e offerta di trasporto, la valutazione d’impatto, sembrano esercizi troppo complicati. L’ultimo Piano Regionale dei Trasporti risale al 1997. A coprire il vuoto decisionale che spetterebbe alla Politica e l’elaborazione progettuale di competenza di tecnici specializzati, si vanno moltiplicando gli opinion leaders, che si affacciano sulla scena come in un teatrino di periferia. Che in materia di trasporti la politica calabrese sia assai poco lungimirante lo si può rilevare attraverso numerosi segnali: da tempo si è cancellato l’assessorato ai Trasporti come se la questione delle infrastrutture e dei servizi per la mobilità fossero materie secondarie da trattare alla stregua di un hobby; sono stati adottati dalle amministrazioni regionali ben due Programmi operativi regionali (Por 2001/06 e 2007/13) che rimangono sostanzialmente disattesi; su grandi questioni come quella delle ferrovie il letargo è stato lungo e siamo ormai al disastro con la cancellazione o il degrado di servizi essenziali, la perdita degli scali merci, la marginalizzazione dell’intera regione dal contesto nazionale; abbiamo assistito per anni alla ricorrente proposizione della chimera del ponte sullo Stretto quale oppio per sudditi meridionali da tenere buoni; abbiamo assistito alla parabola incredibile del porto di Gioia Tauro che rischia oggi di naufragare. In questo quadro è naturale si possano affacciare sulla scena le proposte più fantasiose e particolari. Non supportate da studi e talvolta neppure da buon senso, spesso esprimono interessi di qualche lobby o banali azioni di ricerca di consenso elettorale. L’attenzione della comunità viene distorta ad arte, l’illusione proiettata sull’opera strategica, “volano di sviluppo”, relega nella nebbia i problemi veri e le soluzioni abbordabili. E viene meno perfino la buona prassi che connotava l’agire di esponenti politici di spessore nel passato, quella del confronto con tecnici qualificati, con la ricerca, con le università. Ne deriva un quadro desolante di modeste idee progetto che finiscono sui giornali e danno vita a fazioni, spesso trasversali alle maggiori forze politiche e sindacali. È il caso del progetto di un nuovo aeroporto nella Sibaritide. Si tratta di un progetto che numerosi tecnici trasportisti hanno etichettato come velleitario, che non rientra tra le opere programmate né a livello nazionale né a livello regionale. Ma basta una presa di posizione di alcuni notabili politici ed ecco montare l’ennesima illusione. In qualunque sede pubblica extraregionale farebbe sorridere l’ipotesi di una Calabria, che conta solo due milioni di abitanti, con 4 aeroporti, considerato anche il fatto che due dei tre esistenti zoppicano visibilmente, pur avendo nel caso di Reggio Calabria un bacino potenziale di utenza di tutto rispetto. Prassi corretta vorrebbe che si elaborasse quantomeno uno straccio di studio di fattibilità prima di lanciarsi in facili entusiasmi sulla certezza che l’aeroporto possa costituire la panacea dei mali che affliggono l’area della Sibaritide. Non ci si rende conto ancora che la costruzione di un’infrastruttura puntuale non si traduce automaticamente in sviluppo; eppure basterebbe pensare per un attimo ai porti di Corigliano e di Marina di Sibari per rendersene conto. Infrastrutture che di sviluppo ne hanno generato ben poco fin’ora. Seppure possa essere facile realizzare una pista (le risorse sono comunque limitate e non andrebbero sprecate), resterebbero da verificare l’appetibilità per le compagnie di volo, l’attivo nella gestione finanziaria dei servizi aeroportuali, i livelli di domanda sopra una soglia tale da garantire che non si abbia a che fare con una cattedrale nel deserto, l’interesse di operatori di settore pronti a investire sia pure in Project Financing, l’impatto benefico sul’economia regionale. In rapporto alla mia esperienza, ho forti dubbi sulla consistenza di sia pure uno solo dei citati requisiti; e occorre rilevare che gli impatti sull’economia regionale, paradossalmente, potrebbero risultare negativi, per esempio qualora si determinasse, per drenaggio di quote di traffico, la morte dello scalo crotonese e l’arretramento di quello lametino. Le esigenze di mobilità ci sono, ma le risposte a tali esigenze potrebbero essere diverse e più concrete: progetti più economici, più aderenti alla realtà territoriale, progetti attuabili in tempi brevi. Per citarne alcuni, con specifico riferimento all’area della Sibaritide: potenziamento del trasporto ferroviario, miglioramento dell’accessibilità agli aeroporti di Crotone e Lamezia mediante treni regionali rapidi, potenziamento del nodo logistico e portuale di Corigliano, piattaforma di interscambio per l’agro-alimentare, attivazione di servizi marittimi (crocieristi, da diporto, merci), trasformazione in autostrada della SS 534, messa a norma di sicurezza per la viabilità esistente (sono numerose le arterie a rischio), razionalizzazione/integrazione del tessuto viario delle città e dei servizi di trasporto pubblico, piani del traffico per le città grandi e piccole, servizi di trasporto a domanda per aree interne, promozione diffusa di sistemi di mobilità ecologica, applicazione intensiva di sistemi Its, predisposizione di strumenti per la prevenzione di eventi critici o il rapido intervento in caso di calamità. Opere di dimensioni medio-piccole per impegno di risorse, ma di grande impatto sull’economia locale. Alla classe politica dovremmo chiedere oggi maggiore responsabilità, sobrietà e perizia amministrativa; ai promotori dell’idea dell’aeroporto della Sibaritide, suggerirei di farsi promotori perlomeno di uno studio di fattibilità, attraverso il coinvolgimento di una società specializzata di settore e di una commissione di valutazione autorevole e super partes.

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