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di FRANCO LARATTA
Quante stragi ha conosciuto nella sua storia, eroica e drammatica, questo paesone disperso sulle montagne della Sila! Stragi di emigrazione, di lavoro, di incidenti stradali, che hanno colpito al cuore una comunità che nei momenti difficili ha sempre saputo ritrovarsi. La “Strage di San Giovanni in Fiore” è quella che si è consumata il 2 agosto 1925 per mano fascista. La città protestava contro il dazio sul grano. Circa duemila persone quel 2 agosto si erano radunate per gridare la rabbia di una popolazione stremata, che non ce la faceva più. I militari fascisti non riuscivano a contenere la grande folla e cominciarono a sparare ad altezza uomo, uccidendo cinque persone, fra cui una donna incinta al quinto mese, e ferendone diciotto gravemente. Morirono Saverio Basile, Marianna Mascaro, Barbara Veltri, Filomena Marra che portava un bimbo in grembo, Antonia Silletta. Nessuno pagò per quella orribile strage che segnò per decenni la storia di San Giovanni in Fiore. Un’altra tragedia con morti, che la gente di questo posto non ha mai dimenticato, è la “Strage di Mattmark”. Il 30 agosto del 1965 si staccò una parte del ghiacciaio di Allalin, sulle Alpi svizzere, travolgendo un cantiere per la costruzione della diga di Mattmark. Vi trovarono una tragica morte cinquantacinque italiani, sette di San Giovanni in Fiore: Giuseppe Audia, Gaetano Cosentino, Fedele Laratta e suo figlio Francesco Laratta, Bernardo Loria, Antonio Talerico, Salvatore Veltri. Per decenni San Giovanni in Fiore ha visto partire i suoi figli, a migliaia ancora sparsi per il mondo (un dato parla di oltre dodicimila sangiovannesi emigrati per lavoro!), per poi vederne rientrare tanti, in una bara, con una medaglia d’oro per “l’eroico sacrificio”. Tante altre stragi, molti tragici incidenti, hanno segnato la vita di questa popolazione. Fino all’ultima tragica notte di Natale. Una notte che ha colpito al cuore un’intera città, soprattutto i giovani e i giovanissimi che si sono visti strappare cinque ragazzi in una “strage degli innocenti” che nessuno dimenticherà mai più. Cinque morti e quattro feriti in uno scontro sulla statale 107 Silana-Crotonese, la “superstrada della Sila”, attorno all’1,30, quando nelle chiese di tutto il mondo scorrevano le ultime note del “Tu scendi dalla stelle” Gesù Bambino scendeva in una grotta “al freddo e al gelo” proprio mentre Robert Laurenzano, di 20 anni, il fratello Frank, di 22, Domenico Noce, 20 anni, Samuel Crivaro, 21 e Emanuela Palmieri, poco più di 15 anni, lasciavano per sempre questa terra, senza aver avuto il tempo di conoscerla fino in fondo. La “Lupo” dei ragazzini è sbandata subito dopo il bivio Sud della 107, andando a urtare il guard-rail della corsia opposta. Forse non sarebbe stata una strage se nel frattempo la piccola utilitaria non fosse stata colpita da un Suv che proveniva dalla direzione opposta, da Crotone. Un tragico destino ha voluto che forse le uniche due auto che transitavano in quell’ora della notte di Natale su quella strada, si trovassero allo stesso posto, nel medesimo istante, per scontrarsi e fare una strage. I ragazzi pare andassero da amici in un paesello vicino, forse andavano per una tradizionale “serenata”, altri dicono che intendevano recarsi a Crotone. Dettagli, perché poco importa dove fossero diretti. Purtroppo non ci arriveranno mai più. Il giorno di Natale, a poche ore dalla strage, la città si sveglia tramortita. Moltissimi erano ancora svegli al momento del drammatico incidente: le chiese avevano appena concluso i riti della nascita di Gesù; i grandi falò (le focere) che per tradizione secolare illuminano e riscaldano la Notte di Natale, ardevano con forza in ogni angolo della città. La neve, caduta copiosa nei giorni prima del Natale, rendeva lo spettacolo ancora più “natalizio”. Centinaia di ragazzini, per sms, si scambiavano il primo grido d’allarme. Mio figlio ne manda uno attorno alle 3: “C’è stato un terribile incidente”! Tutti avvisano gli amici e i familiari. E così il dramma diventa in pochi minuti collettivo, il dolore si diffonde da un capo all’altro di una città in festa, sveglia, vivace come in tutte le notti di Natale. Al mattino si è come tramortiti: tutti sapevano della strage. Tutti sconvolti. Nel giorno di Natale si mobilita il popolo di facebook per esprimere il dolore per la morte di quei ragazzi che frequentavano i social network (avevano tutti un loro profilo in rete) ed erano conosciutissimi per le loro passioni per la musica (Frank e Robert, figli di un emigrato in Francia, erano noti anche per un loro rap che si trova su YouTube, dal titolo in dialetto: Vulu le secie!), per il moto cross, perché si ritrovavano spesso nei luoghi frequentati dai ragazzi. Nelle messe di Natale i parroci chiedono preghiere, ricordano i cinque figli di questa terra e sospendono le attività extrareligiose. Uno dopo l’altra si spengono le luminarie in città, si rinviano le feste nei locali pubblici, si abbassano le saracinesche di bar e pub. La città, ora dopo ora, viene travolta dal dolore, appare sempre più stordita, colpita al cuore. Ma a sconvolgere le famiglie è il pianto disperato dei giovanissimi, di coloro che conoscevano direttamente o meno, le cinque vittime della “strage di Natale”. Genitori affranti raccontano, in queste ore, di figli profondamente feriti: quella strage la vivono come la “loro” strage, come fossero vittime tutti insieme di un destino spietato che non si è fermato nemmeno nella notte di Natale. Nemmeno davanti a cinque giovani vite che non avevano alcuna colpa se non quella di trovarsi in quel punto preciso, in quel momento, per incontrare la morte. La morte che non si è fermata davanti a cinque giovani vite, viene vissuta come una morte particolarmente spietata, “bastarda”, ingorda! Ma un ragazzo che naviga su facebook, suona in una band, si ritrova in un pub, non può vincere la sfida contro un nemico invisibile, che non ha mai sentito nominare, di cui non conosce le fattezze e la forza. La “bastarda” ha teso una trappola nella notte di Natale a cinque ragazzi disarmati, deboli, senza difese. E li ha cancellati senza pietà. Tutti piangono le famiglie di questi ragazzi: per loro il Natale sarà per sempre un giorno di dolore e disperazione. Vite strappate, famiglie distrutte, Natale di dolore nella Sila immersa nella neve. Che tristezza. Tutto questo ha fatto rabbia alle migliaia di giovani di San Giovanni in Fiore. Il vedersi sfilare cinque di loro senza preavviso, senza nemmeno un confronto, senza un segno dell’imminente sfida, è una cosa che non si può né capire né accettare. Il popolo degli sms per tutto il giorno ha scritto e commentato. Sentimenti di dolore profondissimo, di rabbia e disperazione. Nel tardo pomeriggio di un giorno di Natale molto rigido, i ragazzini sono rientrati a casa: niente tombolate, né movida su via Roma, niente bar e pub. Tutto sospeso, tutto cancellato. La giornata era trascorsa come in un lutto infinito; la serata si è consumata fra lacrime e dolore. A questi ragazzi così provati non è rimasto altro che piangere. Molte lacrime versate nel giorno di Natale. In ricordo di Robert, Frank, Domenico, Samuel, Emanuela. Fermati nella notte di Natale, mentre andavano a casa di amici, e hanno incontrato la morte. Una morte “bastarda”.

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