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MATERA – Rabbia, sconcerto e dolore. Sono questi i sentimenti palpabili ieri mattina, poco dopo la tragedia di Montescaglioso, nel cortile, tra i corridoi e nelle aule “paralizzate” dell’Istituto “Olivetti -Loperfido”.
In quegli stessi luoghi, Giuseppe e Davide hanno trascorso cinque e sette anni della propria esistenza, inseguendo il sogno di poter volare. Quel sogno presto realizzato, proprio grazie a quella scuola, ma subito infranto dall’implacabile legge della vita. Dalle finestre del lungo caseggiato fanno capolino tanti ragazzi. Molti di loro conoscevano bene le due vittime, ma in tarda mattinata non avevano ancora ben compreso la realtà della tragedia, cercando di “annunsare l’aria” e le voci per capire, magari alimentando la speranza che fosse tutto un brutto sogno.
Davanti all’ingresso il clima era decisamente più pesante, tanto da aggredire verbalmente il cronista, mentre le lezioni erano ormai ferme da tempo, con il personale Ata schierato per proteggere quei luoghi da presenze giudicate indiscrete. Nel cortile un gruppo di ragazzi appena tornati dall’altro giro, quello sulla città. Indossano ancora le magliette con lo sponsor ed il logo del Balloon Festival, sotto i gilet gialli con la scritta “Staff aeronautico”; un marchio di fabbrica per loro, il simbolo della passione per quella scuola così particolare, perchè in grado di realizzare un sogno.
Con i volti contratti dal dolore si guardavano, piangevano, si abbracciavano, quasi a dire: “Noi l’abbiamo scampata, ma Davide e Giuseppe purtroppo non ci sono più”. Con loro un professore con la camicia a quadretti, che la mattina alle 7.30 li aveva accompagnati tutti nella zona industriale di La Martella, da dove sono partiti.
Bocche rigorosamente cucite tra i ragazzi presenti, che hanno ricevuto la consegna del silenzio dai professori. Poco dopo mezzogiorno, un pilota donna dal forte accento francese ha accompagnato un gruppo di ragazzi; li ha fatti entrare dentro, precisando quasi con tono liberatorio: “Ho accompagnato i miei ragazzi, sono quelli”. Impossibile strapparle un commento, un pensiero.
Il momento più drammatico era passato da pochi minuti, con l’arrivo della madre di Davide, che in tarda mattinata non sapeva ancora nulla di preciso. Intanto il cortile si riempiva di genitori quasi in lacrime, tutti con addosso la sensazione del pericolo scampato. All’improvviso, per tutti, la mongolfiera è divenuta il diavolo, sinonimo di terrore e morte. Tutti i ragazzi delle due classi, che avrebbero preso parte attiva al volo, ovvero la Quinte A Trasporti e logistica, di cui facevano parte Davide e Giuseppe, e la B; avevano dovuto firmare le liberatorie, alcune direttamente i ragazzi già maggiorenni. Un modo per sgravare la scuola da ogni responsabilità. Tutti hanno firmato fiduciosi, nessuno mai avrebbe potuto prevedere la tragedia. I ragazzi di Terza e Quarta A erano presenti solo per la fase preparatoria delle mongolfiere e le lezioni teoriche.
Intorno alle 12.30 è sceso il dirigente scolastico Eustachio Andrulli, che non ha voluto parlare, precisando di non avere ancora il quadro chiaro della situazione. Quindici lunghi minuti in attesa degli altri ragazzi della Quinta A e B, che sono arrivati intorno alle 12.45, entrando a scuola con i volti ancora paralizzati da paura e dolore. Con loro i professori, che da compagni di un’avventura gioiosa, si sono trasformati in una sorta di tutor psicologico.
Nessuno di loro ha saputo raccontare nulla e la scuola ha chiesto l’aiuto di uno psicologo al Comune, per accompagnarli nella delicata fase della elaborazione di questa tragedia.
Per loro sarà molto difficile tornare alla vita di sempre, magari a sognare di volare.

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