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CATANZARO – Parte da Catanzaro una rivoluzione per le adozioni, o meglio per le figure che ruotano intorno alla  vita di una persona che è stata adottata. La Corte Costituzionale ha, infatti, stabilito che “l’irreversibilità del segreto” che impedisce ad un figlio adottivo di conoscere l’identità della madre biologica “deve essere rimossa”. Lo stabilisce la sentenza (numero 278) che censura la “eccessiva rigidità” della disciplina vigente in materia e dichiara l’illegittimità costitizionale dell’articolo 28, comma 7, della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), come sostituito dall’art. 177, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 “nella parte in cui non prevede – attraverso un procedimento, stabilito dalla legge, che assicuri la massima riservatezza – la possibilità per il giudice di interpellare la madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata su richiesta del figlio, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione”. 
Era stato il Tribunale per i minorenni di Catanzaro a sollevare questione di legittimità costituzionale della normativa in questione, con riferimento al caso di una donna, nata nel 1963 e adottata nel ’69, che lamentava di essere venuta a conoscenza della sua adozione soltanto in occasione della procedura di separazione e divorzio dal marito: l’ignoranza delle sue origini le avrebbe provocato “vari condizionamenti anche di ordine sanitario, limitando le possibilità di diagnosi e cura per patologie che avrebbero dovuto comportare un’anamnesi di tipo familiare”. Il pm aveva espresso parere favorevole alla richiesta di consocere la madre naturale, ma il Tribunale aveva ricordato che, “a fronte della possibilità riconosciuta all’adottato che abbia compiuto i 25 anni di accedere ad informazioni riguardanti i propri genitori biologici, previa autorizzazione del Tribunale per i minorenni, tale possibilità era invece esclusa ove le informazioni si riferiscano alla madre che abbia dichiarato alla nascita – come nella specie – di non voler essere nominata”. “La salvaguardia della vita e della salute – premettono i giudici della Consulta – sono i beni di primario rilievo presenti sullo sfondo di una scelta di sistema improntata nel senso di favorire, per sè stessa, la genitorialità naturale”. 
“Peraltro – si legge ancora nella sentnza – in questa prospettiva, anche il diritto del figlio a conoscere le proprie origini costituisce un elemento significativo nel sistema costituzionale di tutela della persona, come pure riconosciuto in varie pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo. E il relativo bisogno di conoscenza rappresenta uno di quegli aspetti della personalità che possono condizionare l’intimo atteggiamento e la stessa vita di relazione di una persona in quanto tale”. La sentenza della Corte di Strasburgo del 25 settembre 2012 (“Godelli contro Italia”) aveva già giudicato la nostra normativa non idonea a “stabilire un equilibrio e una proporzionalità tra le parti in causa”: la Consulta fa suo il conseguente “invito a riflettere” e osserva che “mentre la scelta per l’anonimato legittimamente impedisce l’insorgenza di una ‘genitorialità giuridicà, con effetti inevitabilmente stabilizzati pro futuro, non appare ragionevole che quella scelta risulti necessariamente e definitivamente preclusiva anche sul versante dei rapporti relativi alla ‘genitorialità naturalè: potendosi quella scelta riguardare, sul piano di quest’ultima, come opzione eventualmente revocabile (in seguito alla iniziativa del figlio), proprio perchè corrispondente alle motivazioni per le quali essa è stata compiuta e può essere mantenuta”. La disciplina in questione è, dunque, “censurabile per la sua eccessiva rigidità”. E “sarà compito del legislatore “introdurre apposite disposizioni volte a consentire la verifica della perdurante attualità della scelta della madre naturale di non voler essere nominata e, nello stesso tempo, cautelare in termini rigorosi il suo diritto all’anonimato, secondo scelte procedimentali che circoscrivano adeguatamente le modalità di accesso, anche da parte degli uffici competenti, ai dati di tipo identificativo, agli effetti della verifica”. 
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