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«QUELL’8 settembre, quando giunse notizia dell’armistizio, i tedeschi a Matera reagirono rabbiosamente. Un gruppo di loro era seduto al bar Impero e quando la radio diffuse la notizia li vedemmo scattare in piedi  dopo aver battuto i pugni sui tavoli». Eustachio Cappiello, materano, è l’autore di un libretto, stampato a sue spese, per ricordare i giorni dell’eccidio nazista, di cui oggi ricorre il 70° anniversario. Nell’opuscolo ci sono i suoi ricordi e quelli dei suoi amici che furono testimoni di quei drammatici giorni.

E nei giorni successivi cosa accadde?

«Il 14, di pomeriggio, i nazisti piazzarono due mitragliere e un mortaio all’incrocio di via Roma con piazza Vittorio Veneto. Un gruppo di giovani avieri che tornava a casa cantando fu fermato e disarmato: i loro moschetti ammucchiati e dati alle fiamme. Ma il grosso della truppa riuscì a eclissarsi nelle case dei Sassi, dove trovò rifugio e solidarietà, in particolare quella delle madri che avevano i loro figli lontani e nelle stesse condizioni di quei ragazzi».

I tedeschi erano nervosi perché sapevano che gli alleati si avvicinavano, no?

“Cominciarono a requisire le auto. Andavano a caccia di quelle nascoste. Un camioncino della Nettezza urbana, un Fiat 903, guidato da un certo Rizzi, fu presa e scaraventata da un ponte sull’Appia e poi fatta saltare”.

Erano diventati sospettosi?

“Sì il capitano Kramer fece minare i ponti, distruggere il parco ferroviario, e quelle poche strutture che c’erano a Matera. E intanto cominciarono a molestare i cittadini”.

Veniamo a quel 21 settembre…

“Pierantonio Tataranni e Natale Farina, due soldati che rientravano a piedi furono presi alle porte della città. Poi fu la volta di Vincenzo Luisi, 15 anni, volontario Unpa: tutti e tre vennero rinchiusi nell’edificio della Milizia nel quale si trovavano altre 7 persone, tra cui 5 militari leccesi, un ufficiale giudiziario e un avvocato. A loro si aggiunse poi Francesco Farina, detto il siciliano, che andato per implorare la restituzione del figlioe invece ne avrebbe subito la stessa sorte”.

Allora scattò la reazione?

“A piazza Vittorio Veneto cominciò l’insurrezione armata. Un tedesco che, con un commilitone, voleva razziare una gioielleria fu colpito a morte da un finanziere. L’altro cercò di fuggire ma fu steso con una bomba a mano. Quell’episodio eccitò alla rivolta i cittadini e ci furono molti morti. I tedeschi sparavano all’impazzata con i mitra contro i cecchini e chiunque apparisse loro sospetto.  L’ultimo dei civili rimasto ucciso quel giornofu mastro Francesco Loperfido. Si vedevano tedeschi caricare morti e feriti sui camion. Fino a notte alta si udirono esplosioni per le cariche di tritolo messe sotto i ponti dell’Appia. Il 22 mattina molte famiglie abbandonavano le case, per dirigersi giù ai Sassi, temendo ulteriori rappresaglie. Fu in quelle ore che si ebbe la conferma dell’eccidio di undici ostaggi della Milizia e altri 10 in vari punti della città”.

 

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