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POTENZA – Coi padri parlavano le pistole, ma la coca ai figli la vendeva lo stesso. E chissà se non era anche questa una forma di vendetta.
Lo ha raccontato agli inquirenti della Dda di Potenza l’ultimo pentito della mala del Vulture, Saverio Loconsolo, che ha ammesso di aver spacciato per conto del clan Cassotta e ha indicato tra i suoi clienti i figli dei Di Muro e Antonio Caprarella, figlio di Emilio ed ex consigliere comunale, indagato per abuso d’ufficio assieme al primo cittadino in carica di Melfi.
Le dichiarazioni di Loconsolo sono finite agli atti dell’inchiesta condotta dagli agenti della mobile di Potenza per cui martedì mattina a Melfi sono scattati gli arresti per 9 persone, accusati di traffico di droga. Mentre una decima risulta ancora ricercata.
Destinatari dell’ordinanza disposta dal gip Luigi Spina sono state le “nuove leve” del clan Cassotta: in particolare Antonio, figlio del boss Marco Ugo trucidato a luglio del 2007; e Giuseppe Caggiano, figlioccio di Massimo, il reggente dopo la morte del fratello.
Oggi Cassotta e Caggiano dovrebbero comparire davanti al magistrato per l’interrogatorio di garanzia, assieme al presunto fornitore del gruppo, Lorenzo Sapio, e Fabio Irenze, il più fidato “collaboratore” del giovane Cassotta.
Sapio verrà sentito per rogatoria a Roma, dal momento che il suo arresto è avvenuto all’aeroporto di Fiumicino dove si stava imbarcando su un volo per la Germania. Un viaggio d’affari, comunque, per acquistare alcune auto da rivendere a Melfi.
Dopo di loro, per cui è stata disposta la custodia cautelare in carcere, verranno sentiti anche gli altri 5 indagati per cui il gip ha concesso i domiciliari: Vincenzo Donadio, Antonio Cardone, Giovanni Battista Ardoino e Sabino Sapio. Più Teodoro Gabriele Barbetta, che è accusato di aver provato a imporre il pizzo a due commercianti ambulanti per lavorare a Melfi.
Nei prossimi giorni il pm deciderà il da farsi anche per gli altri indagati dell’inchiesta, tra cui figurano anche i gestori di due locali, uno a Melfi e uno a Rionero, accusati di aver fatto da intermediari ad alcune cessioni di cocaina. Più personaggi del calibro dello stesso Massimo Cassotta, e Antonio Stefano, genero del defunto boss di Siderno Vincenzo Macrì, che è chi avrebbe rifornito il clan “di quelli del castello” fino al riesplodere della faida nel 2007.
Per loro a breve si prospetta un avviso di chiusura delle indagini. Poi potrebbero finire a processo assieme a tutti gli altri.

l.amato@luedi.it

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