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«NON voglio fornire nessuna notizia per quanto riguarda la presentazione o meno, al tribunale del Riesame, della richiesta di revoca degli arresti domiciliari della mia cliente». Così Raffaela Forliano, legale della donna di 54 anni, arrestata, lo scorso 4 marzo con l¹accusa di stalking.
La cinquantaquattrenne è un’infermiere, sposata e con 4 figli, che, prima della misura cautelare, prestava servizio all¹ospedale San Carlo. Lui, il professionista del capoluogo, vittima delle attenzioni ossessive e morbose della donna, è un noto medico del nosocomio potentino che, in passato, è stato anche primario facente funzioni in un reparto delicato – per le patologie di cui ci si occupa – dell’Azienda ospedaliera di Potenza.
Un amore, quello della donna per il “camice bianco”, che non era passato inosservato neanche agli occhi di molti colleghi. In tanti, infatti,
avevano notato come la cinquataquattrenne, spesso, si trovasse davanti la porta del reparto dove il medico prestava servizio nella speranza di vederlo.
Perché anche il luogo di lavoro si era trasformato in un posto dove la donna che a 50 anni era “tornata tra i banchi” per conseguire un diploma da infermiera faceva di tutto pur di incrociare, almeno per un istante, lo sguardo di quel medico per cui aveva perso la testa già da un decennio.
Medico che non solo era seguito e pedinato sotto casa ma che spesso doveva anche cambiare itinerario per entrare in ospedale visto che la donna aveva imparato dove lui parcheggiava la sua auto e il percorso che seguiva.
Se la storia è finita con i domiciliari per la donna – a chiedere l’arresto, accolto dal gip Larocca, il sostituto procuratore della Repubblica, Piccininni – non è stato di certo facile il compito toccato agli uomini della terza sezione della Squadra mobile, guidata da Barbara Strappato, che hanno dovuto lavorare non poco per rimettere insieme i pezzi di questa storia di stalking a ruoli rovesciati: donna che, invece che essere vittima, era “carnefice”.
Tutto ha inizio, ricordiamo, ai primi di marzo quando il noto professionista si è presentato in Questura perché stanco di subire le “attenzioni”, diventate sempre più morbose e ossessive, da parte della donna.
L’uomo parla con gli agenti della terza sezione – specializzata proprio
in casi di stalking – della Squadra mobile per parecchie ore. Il racconto è molto lungo perché ha radici lontane nel tempo: bisogna riassumere 10 anni cioè dal giorno in cui la donna vede per la prima volta l’uomo. Incontro legato alla professione di lui che forse ha in cura un familiare o un conoscente di lei.
Quell’incontro avvenuto nel reparto dove il medico presta servizio – il sanitario non effettua quelle che in gergo vengono definire visite intra
moenia – per la donna è un vero e proprio colpo di fulmine. Colpo di fulmine che pian piano si trasforma in un “amore morboso”. Se i primi incontri tra i due apparivano casuali, pian piano, le cose hanno assunto un’aspetto diverso. Il medico si imbatteva nella donna finanche sotto la sua abitazione. E non mancavano le volte in cui tutta la famiglia di lui si rende conto di essere “pedinata”. Tutto il racconto viene annotato dagli agenti della Mobile.
La donna dopo pochi giorni viene convocata in viale Marconi dove riceve «un ammonimento orale – come ha spiegato, il giorno dell’arresto, Barbara Strappato, capo della Mobile – da parte del Questore, Romolo Panico».
Un ammonimento, però, che non è servito a molto perché, dopo un primo momento in cui sembrava che le acque si fossero calmate, il medico ha ricominciato a essere nuovamente tampinato e fatto oggetto di “attenzioni” e di dichiarazioni esplicite di amore. Nel mirino della donna finisce anche il figlio del professionista che viene avvicinato nella speranza che conquistando la sua amicizia avrebbe potuto avere la strada spianata con il padre. Ovviamente nulla di tutto questo è accaduto. Dopo 10 anni l’amore della donna è “finito ai domiciliari” e per il medico la vita è tornata alla normalità.

Alessia Giammaria

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