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HA RAGIONE Mariolina Venezia: la Basilicata non è da tempo più quella del Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi. Bisogna andare oltre quel clichè, ma è altrettanto vero che è utile lo sguardo di “altri” occhi a  contribuire a questa nuova narrazione. E’ da quando abbiamo chiacchierato del suo “Maltempo”, sedute a una panchina a due passi da Palazzo Lanfranchi, mentre frotte di turisti ci passavano davanti, che ci rimugino su. I Sassi, è vero, non sono più quelli della “vergogna nazionale” (così definì la città De Gasperi, sconvolto dalle condizioni di miseria e degrado in cui si viveva negli antichi rioni di tufo). Matera nel frattempo  è diventata patrimonio dell’Unesco e adesso insegue il sogno di diventare capitale europea della Cultura nel 2019. Ecco, se fosse per chi la città la vive tutti i giorni questa sfida non avrebbe osato neanche solo immaginarla. Lo dico da “materana a mezzo servizio”: quando si è parte integrante di un luogo, c’è poco da fare, se ne vedono principalmente i difetti, quasi mai i pregi o le cose buone. E a farmi notare che di cose buone ce ne sono più di quante, con tutta la buona volontà, mi sforzi di vedere, è proprio lo sguardo disicantato di chi arriva da fuori. Se persino un genio della musica come Goran Bregovic, che il mondo lo ha girato, di fronte alla vista dei Sassi non riesca ad andare oltre un estasiato: “Wow”, c’è da crederci che Matera è bella per davvero e in maniera diversa rispetto ad altri luoghi. E ancora più eloquente il rimprovero che l’artista ha rivolto a se stesso, mentre lungo via delle Beccherie gli parlavo dei grillai e del carro della Bruna: “Ma perchè non ero mai venuto prima qui?”. Lo stupore di Bregovic, in ogni caso, non è una reazione per me, ormai così inconsueta. Di personalità del mondo della cultura, dello spettacolo e dello sport, rimaste a bocca aperta di fronte allo scenario dei Sassi ne ho incontrate davvero tante e sempre con maggior frequenza negli ultimi cinque anni. Qualcuno mi ha piacevolmente spiazzato. Parlo di Cesare Prandelli, l’allenatore della nazionale italiana di calcio, quando con diversi mesi d’anticipo l’abbiamo invitato a partecipare al congresso nazionale dell’Ussi, ci ha risposto: “Mi basta sapere che è a Matera, ci vengo senz’altro”. E quando poi l’ho accompagnato, insieme al presidente della Figc Abete, in giro nei Sassi l’ho visto commuoversi di fronte a quel paesaggio.Ancora più viscerale l’amore mostrato nei confronti di Matera e del suo patrimonio artistico da Fiedrich Sernetz, allievo di Rudolf Kubesch che 48 anni prima aveva pensato bene di “valorizzare” madonne, putti e arcangeli di alcune chiese rupestri “strappandoli” con martello e piccone dalla loro sede originaria per portarsele a casa. Il discepolo di Kubesch è tornato a Matera non certo per scusarsi del “furto” di allora,  ma per rimbrottare la Soprintendenza per avergli fatto trovare le chiese rupestri non adeguatamente “spolverate” e per aver preferito tenere al sicuro nei propri depositi gli affreschi sottratti dal suo maestro piuttosto che tenerli  esposti. Dà da pensare che tenga a quelle opere più un tedesco di un materano. Inusuale anche il punto di vista sulla città che mi ha consegnato Gianni Morandi, un’icona senza tempo della musica italiana. «E’ una città sempre più bella – ebbe a dirmi lo scorso anno –  in cui tutto è musica (anche i peperoni cruschi mentre li mangi), per giunta  è patrimonio dell’Umanità, per cui se la scelta dovesse ricadere su una città del Sud ritengo che non ce ne sia una più meritevole di Matera». E ho scoperto che tra gli ammiratori più convinti della città c’è Peppe Servillo. Durante la nostra passeggiata nei Sassi, con l’amico comune Massimo Lanzetta, mi fece notare come  Matera rappresenti un’oppotunità di costruzione delle identità. «Oggi si parla tanto di questo in relazione all’Europa – osservava Peppe- al rapporto col Mediterraneo, al recupero di una memoria storica non dico definita, ma trasmessa in maniera onesta e sincera. Io credo che una città che ha una storia come questa, così importante, proponendosi come  Capitale europea della Cultura metta l’accento su questa necessità, cioè quella di fondare un’identità comune, anche europea, su radici che sono diverse, che sono antichissime e che sono presenti. E’ per questo che  sarei molto felice se Matera riuscisse nel 2019 a diventare Capitale europea della Cultura. Sarebbe una spinta per tutto il sud, perchè Matera si propone come un Sud nuovo, un Sud diverso, o meglio in un modo che smentisce il luogo comune che viene affibbiato al Sud del nostro paese, proprio per l’energia, la vivacità culturale, l’attività». Che il respiro della città, da qualche tempo, sia diventato internazionale me lo ha confermato la giornalista Concita De Gregorio che, un anno fa, in occasione di Materadio, la festa di Radio 3 Rai, ha voluto essere a Matera per “vedere com’è l’Europa vista da qui”. E le sarà parsa particolarmente interessante se ha lasciato Casa Cava dicendosi felice di aver imparato molto.

Ecco superiamo pure lo stereotipo di Levi, ma facciamolo guardando a noi stessi anche con gli occhi degli altri. Il ritratto che ne verrà fuori sarà certamente più fedele di un immagine allo specchio.

m.agata@luedi.it

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