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di ANTONIO CORRADO
NOVA SIRI – Arrivavano in Italia legalmente, attraverso canali più o meno leciti agganciati nella loro Bulgaria, portando con sè la speranza di un lavoro regolare, ma presto il sogno si infrangeva diventando incubo.
E’ accaduto a un gruppo non ancora ben precisato di bulgari, donne e uomini tra 20 e 60 anni, caduti nella rete di due fratelli poco più che trentenni, che avevano messo su un’organizzazione dedita alla intermediazione illecita con sfruttamento del lavoro. Si tratta di caporali ben strutturati, che avevano eletto a base logistica un casolare di contrada Cugnolongo, a 15 chilometri dall’abitato di Nova Siri. Sono stati individuati e smascherati dai carabinieri della locale Stazione, agli ordini del maresciallo aiutante Michele Margherita, dopo un anno di indagini serrate.
I risultati dell’Operazione Cugnolongo, sono stati presentati ieri mattina dal comandante della Compagnia di Policoro, il capitano Michelangelo Lobuono, e dallo stesso maresciallo. L’arresto di N.G.S., 35 anni, disposto dal Gip Nettis, su richiesta del pm Susca, rappresenta un unicum per operazioni del genere, perchè tra i primi dopo la nuova normativa, che si colloca tra la legge Biagi e la riduzione in schiavitù. Il fratello e complice 32enne dell’uomo, che si trova ai domiciliari nella sua abitazione di Scanzano Jonico, è ancora ricercato sul territorio nazionale, ma non si esclude venga presto spiccato un mandato di cattura europeo.
Le indagini sono partite nel novembre del 2012, quando i carabinieri hanno iniziato a raccogliere una serie di segnalazioni di bulgari che si ritrovavano abbandonati a Nova Siri, senza un’apparente spiegazione e con richiesta d’aiuto per tornare in patria. Tutti non conoscevano una parola di italiano e sembravano ansiosi di tornarsene a casa. I militari si sono insospettiti ed hanno effettuato una serie di indagini, scoprendo che il soggiorno di questi poveri lavoratori in cerca di fortuna fuori dal loro Paese, finiva in un casolare di proprietà di un italiano, ufficialmente fittato dai due connazionali. Lì molti di loro arrivavano regolarmente, lasciando il passaporto per ottenere contratti di lavoro giornaliero nei campi della fascia jonica tra Basilicata e Calabria. I due caporali, infatti, si erano spostati poco prima dalla vicina Montegiordano (Cs), dove avevano allestito un altro casolare lager. I carabinieri hanno seguito i movimenti dei caporali, che si spostavano a bordo di furgoni e auto fatiscenti e con targhe bulgare, per giunta senza patente. 
Gli operai venivano trasportati nel vano porta merci,  su sedili montati alla meglio e senza finestrini. Come bestiame. Il guadagno era di circa 30 euro al giorno, dal quale i caporali sottraevano almeno il 30%, quando veniva loro corrisposto. Per alloggiare, dormendo in 5-6 nella stessa stanza e su materassi fatiscenti, pagavano 90 euro al mese, oltre alle spese della corrente elettrica, che i caporali rubavano alla rete pubblica e per questo erano stati già fermati, con rinvio a giudizio, nel maggio del 2013. In tutta risposta, dopo l’irruzione dei carabinieri, avevano temporaneamente fermato l’attività a Nova Siri, dove pare non pagassero neppure il fitto, per ristabilirsi nella vicina Scanzano. Le indagini si sono concluse a settembre 2013, portando poi all’arresto dei due, che ha di fatto fermato probabilmente la cellula di un’organizzazione ben più ramificata. Ora si cerca il complice, entrambi rischiano una condanna da 5 a 8 anni, più da un terzo a metà della pena in più per la presenza delle aggravanti, ovvero il fatto che le persone “ingaggiate” sono state molto più di 3 (probabilmente tra 50 e 100 a scaglioni), più violenza, minacce ed intimidazioni; poi c’era la retribuzione al di sotto delle soglie legali dei contratti di categoria, oltre alla violazione della normativa a tutela della dignità dei lavoratori, tra permessi, ferie e riposi settimanali praticamente inesistenti; infine la sottoposizione a condizioni di lavoro e alloggiative degradanti, con metodi di sorveglianza e minacce. Un’operazione brillante dei carabinieri, che, seppure abbia portato a due soli arresti, probabilmente rappresenterà un deterrente per altri.

NOVA SIRI – Arrivavano in Italia legalmente, attraverso canali più o meno leciti agganciati nella loro Bulgaria, portando con sè la speranza di un lavoro regolare, ma presto il sogno si infrangeva diventando incubo.

 

E’ accaduto a un gruppo non ancora ben precisato di bulgari, donne e uomini tra 20 e 60 anni, caduti nella rete di due fratelli poco più che trentenni, che avevano messo su un’organizzazione dedita alla intermediazione illecita con sfruttamento del lavoro. Si tratta di caporali ben strutturati, che avevano eletto a base logistica un casolare di contrada Cugnolongo, a 15 chilometri dall’abitato di Nova Siri. Sono stati individuati e smascherati dai carabinieri della locale Stazione, agli ordini del maresciallo aiutante Michele Margherita, dopo un anno di indagini serrate.

I risultati dell’Operazione Cugnolongo, sono stati presentati ieri mattina dal comandante della Compagnia di Policoro, il capitano Michelangelo Lobuono, e dallo stesso maresciallo. 

L’arresto di N.G.S., 35 anni, disposto dal Gip Nettis, su richiesta del pm Susca, rappresenta un unicum per operazioni del genere, perchè tra i primi dopo la nuova normativa, che si colloca tra la legge Biagi e la riduzione in schiavitù. Il fratello e complice 32enne dell’uomo, che si trova ai domiciliari nella sua abitazione di Scanzano Jonico, è ancora ricercato sul territorio nazionale, ma non si esclude venga presto spiccato un mandato di cattura europeo.

Le indagini sono partite nel novembre del 2012, quando i carabinieri hanno iniziato a raccogliere una serie di segnalazioni di bulgari che si ritrovavano abbandonati a Nova Siri, senza un’apparente spiegazione e con richiesta d’aiuto per tornare in patria. 

Tutti non conoscevano una parola di italiano e sembravano ansiosi di tornarsene a casa. 

I militari si sono insospettiti ed hanno effettuato una serie di indagini, scoprendo che il soggiorno di questi poveri lavoratori in cerca di fortuna fuori dal loro Paese, finiva in un casolare di proprietà di un italiano, ufficialmente fittato dai due connazionali. 

Lì molti di loro arrivavano regolarmente, lasciando il passaporto per ottenere contratti di lavoro giornaliero nei campi della fascia jonica tra Basilicata e Calabria. I due caporali, infatti, si erano spostati poco prima dalla vicina Montegiordano (Cs), dove avevano allestito un altro casolare lager. 

I carabinieri hanno seguito i movimenti dei caporali, che si spostavano a bordo di furgoni e auto fatiscenti e con targhe bulgare, per giunta senza patente. Gli operai venivano trasportati nel vano porta merci,  su sedili montati alla meglio e senza finestrini. 

Come bestiame. Il guadagno era di circa 30 euro al giorno, dal quale i caporali sottraevano almeno il 30%, quando veniva loro corrisposto. 

Per alloggiare, dormendo in 5-6 nella stessa stanza e su materassi fatiscenti, pagavano 90 euro al mese, oltre alle spese della corrente elettrica, che i caporali rubavano alla rete pubblica e per questo erano stati già fermati, con rinvio a giudizio, nel maggio del 2013. In tutta risposta, dopo l’irruzione dei carabinieri, avevano temporaneamente fermato l’attività a Nova Siri, dove pare non pagassero neppure il fitto, per ristabilirsi nella vicina Scanzano. 

Le indagini si sono concluse a settembre 2013, portando poi all’arresto dei due, che ha di fatto fermato probabilmente la cellula di un’organizzazione ben più ramificata.

 Ora si cerca il complice, entrambi rischiano una condanna da 5 a 8 anni, più da un terzo a metà della pena in più per la presenza delle aggravanti, ovvero il fatto che le persone “ingaggiate” sono state molto più di 3 (probabilmente tra 50 e 100 a scaglioni), più violenza, minacce ed intimidazioni; poi c’era la retribuzione al di sotto delle soglie legali dei contratti di categoria, oltre alla violazione della normativa a tutela della dignità dei lavoratori, tra permessi, ferie e riposi settimanali praticamente inesistenti; infine la sottoposizione a condizioni di lavoro e alloggiative degradanti, con metodi di sorveglianza e minacce. 

Un’operazione brillante dei carabinieri, che, seppure abbia portato a due soli arresti, probabilmente rappresenterà un deterrente per altri.

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