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Caro direttore,
lasciatelo dire con franchezza: hai avuto un gran bel coraggio nel pubblicare alla vigilia della Festa del 150esimo anniversario dell’Unità Nazionale il paginone di scritti del prof. Franco Piperno (in foto) che riaprire la ferita (ammesso che sia stata mai rimarginata) che per noi “vecchi” comunisti è l’emarginazione del Sud dalle politiche nazionali e quindi di un’unità di benessere sociale per i meridionali ancora da raggiungere. Solo che, al di là dell’unanime ed indiscusso riconoscimento del valore dell’unità del Paese, vorrei dire che la “ribellione” per riproporre al centro dell’agenda politica la Questione Meridionale può e deve essere una cosa seria. Da essa dipende il futuro delle nuove generazioni di lucani, calabresi, siciliani, pugliesi, molisani, sardi e abruzzesi. Una cosa troppo seria, appunto, per essere consegnata a movimenti, partitini e mini-leghe di matrice “sudista” e tanto meno a generici appelli all’insurrezione senza una strategia precisa (specie di alleanze e di alternativa al Governo Berlusconi-Lega).
Nel nostro ennesimo tentativo di rimettere in piedi la sinistra comunista puntiamo ad una lotta che va condotta anche e soprattutto dentro le forze democratiche, i movimenti progressisti, le organizzazioni sindacali, le istituzioni regionali come le articolazioni varie della società civile. Dunque una mobilitazione di piazza per impedire l’ulteriore spoliazione dei servizi pubblici, i trasporti e l’economia del Meridione, divenuto pattumiera di scorie altrui e deposito di opere inutili e dannose, per liberare il territorio dalle mafie, le massonerie e i potentati, prima foraggiati dai capitalisti del Nord e oggi tutt’uno con questi.
Ben venga questa ribellione. Ben venga questa nuova coscienza, soprattutto da parte dei giovani meridionali che, come i propri padri, nonni e bisnonni, ripongono le proprie speranze nelle valigie che li accompagnano verso il Centro-Nord. Migranti, “terroni viaggianti”, per non fare i disoccupati in loco, oppure la manodopera delle cosche. Questa rabbia è sana e vitale e può essere incanalata in un movimento ampio che, dopo aver toccato paesi mediterranei come Tunisia, Egitto, Libia ora può vedere protagonisti i “nordisti” del Bacino del Mediterraneo, con meno problemi di povertà e malessere sociale ma pur sempre i fratelli poveri dei lombardi, veneti e tedeschi.
Per questo parlare di meridionalismo sventolando il tricolore è sempre positivo purchè non si riduca né a teoria filosofica e né ad invito alla pura ribellione come se il tempo si fosse fermato. Del resto, lo ha scritto il prof. Piperno, noi possiamo ripartire da un’esperienza importante per tutto il Sud che è la lotta di Scanzano Jonico contro il deposito di scorie nucleari. Quella fu lotta di popolo con un’idea chiara perché in difesa di un bene collettivo. Facciamo tesoro di quella esperienza per risvegliare il protagonismo sociale e civile del popolo del Sud e approfittiamo della giornata di festa nazionale per spiegarlo. A proposito, bisogna dare atto al Presidente De Filippo di aver fatto cenno alla questione meridionale nella sua relazione. Solo che avrei preferito qualche pagina di storia e di filosofia in meno e qualche proposta politica in più per far sentire il fiato addosso al governo di centrodestra.

Giacomo Nardiello
Pdci-FdS

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