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LOCRI (RC) – «La nostra terra, povera, ma abitata da gente semplice e di grande dignità, si ribella di fronte ad ogni forma di xenofobia, di sospetto e pregiudizio verso lo straniero». Il vescovo di Locri, Francesco Oliva, si rivolge in questo modo alla diocesi aprendo un argomento estremamente delicato e di attualità in una fase storica in cui si susseguono a ritmo quasi quotidiano su larga parte della costa calabrese. Per il presule non è credibile la tesi secondo cui «i migranti possano portare sconvolgimenti nella sicurezza sociale: che ci facciano perdere identità e cultura, che possano alimentare concorrenza sul mercato del lavoro o, addirittura, introdurre nuova criminalità».

Si tratta di considerazione che il pastore della diocesi nega con fermezza e in relazione alle quali si rinnega «ogni tentazione razzista, per restare fermamente dalla parte di Gesù, che è sempre in attesa di essere riconosciuto nei migranti e nei rifugiati, nei profughi e negli esuli. Attraverso di loro il Signore ci chiama a condividere “i cinque pani e due pesci”, pronti anche a rinunciare a qualcosa del nostro acquisito benessere. Non c’è – prosegue – in noi alcuna paura dello straniero. Grande invece è il desiderio di incontro e la voglia di abbattere ogni barriera e pregiudizio: gli immigrati, per noi non sono un pericolo, ma figli dello stesso Padre. Come noi. La loro presenza accresce il desiderio di conoscenza ed apertura». 

Specificando, poi, che «i migranti che approdano sulle nostre coste non lo fanno per restare. Sono solo di passaggio», il vescovo Oliva ricorda come per loro «tante sono le difficoltà da superare: le strutture di accoglienza, che pur ci sono, non sono sempre adeguate e mancano le risorse per renderle adeguate. Molte associazioni di volontariato, che rispondono ai bisogni del momento, lamentano ritardi da parte delle pubbliche istituzioni e non riescono a sopportare i costi di gestione. Le conseguenze di tali ritardi sono gravi e possono mettere in crisi l’intero sistema di accoglienza». 

Ma anche denunciando «scarsità di mezzi e risorse» Oliva mette in luce che «come Chiesa cerchiamo di fare la nostra parte nell’opera di accoglienza, di mettere a disposizione le poche strutture che abbiamo, anche se mancano i mezzi economici, per renderle idonee». 

Parlando poi alla comunità Oliva ha esortato «ad un supplemento di amore, in modo da farsi “casa che accoglie”, aperta all’ospitalità» mentre rivolgendosi ai migranti ha chiesto «scusa per tutte le volte, che, nella disperazione, ci siamo lasciati prendere da forme di esasperato individualismo e di egoismo. Mentre il fratello ci chiedeva asilo e attenzione, abbiamo rinserrato “i cancelli” del nostro cuore». 

E «in un momento in cui sono sempre più numerosi gli sbarchi di profughi e migranti, provenienti da aree geografiche martoriate dalla guerra, dalla violenza, dalle persecuzione e dall’estrema miseria a noi è richiesto di dare loro una mano, non una fredda accoglienza. In una Calabria, già piegata da mille problemi, l’accoglienza è la grande sfida del nostro tempo. Siamo la Locride, il Sud del sud, terra di periferia, bella e amata da Dio, ma afflitta – conclude – da tanti problemi. La Locride! Anch’essa da tempo terra di emigrazione. Molti sono stati costretti ad andare via in cerca di lavoro. Non sono più tornati, se non per brevi periodi di ferie. Tanti sono i giovani che si allontanano direzione Nord. Anch’essi in cerca di lavoro ed affermazione, lasciando casa e famiglia, senza certezza del domani, senza sapere se e quando potranno ritornare. Ma in tale difficile realtà non ci sentiamo affatto rassegnati».

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