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9 minuti per la lettura
Ogni giorno dalle 15 alle 20 persone si rivolgono alle parrocchie per chiedere aiuto
Il volto dei nuovi poveri
C’è chi chiede soldi per pagare le bollette e chi vestiti o generi alimentari
QUELLE immagini pubblicate ieri che ritraggono un uomo intento a recuperare da un cassonetto della spazzatura del pane – che qualche altro ha buttato, come si può buttare una buccia di banana,  in spregio a chi la fame la patisce – ha sollevato l’interrogativo sui nuovi poveri. Su chi sono e cosa fanno.  
Scatoloni allineati uno dietro l’altro. C’è quello che contiene vestiti, quello con le scarpe, poi c’è quello della pasta, del pane, del latte. Tutti generi alimentari di prima necessità. Non c’è spazio per il superfluo. Basta entrare in una qualsiasi delle parrocchie cittadine e la scena è sempre la stessa. Ogni giorno, in media,  dalle 15 alle 20 persone entrano nelle chiese del capoluogo e chiedono aiuto. C’è il pensionato, l’extracomunitario ma anche il trentenne che non ha un posto fisso. E ci sono anche persone che prima non avevano problemi economici e che, invece oggi, già a metà del mese non hanno più neanche i soldi per comprare il pane. Poi ci sono anche quelli che pur avendo un lavoro non percepiscono lo stipendio da mesi. E così si varcano i portoni delle parrocchie. C’è chi ha in mano le bollette della luce e del gas e chiede al parroco di pagargliele  o, magari,  di dare   loro  quegli euro necessari a raggiungere la cifra totale perché non saprebbero dove andare a prenderla. Chi, invece, a metà mese non riesce più a mettere insieme il pranzo con la cena. E allora si entra in quelle stanze con gli scatoloni. Buste bianche di plastica vengono riempite con pacchi di pasta, una panella di pane, barattoli si salsa. E se ci sono dei bimbi latte e biscotti. Stessa cosa per il vestiario. Il signor Franco (nome di fantasia n.d.r), a esempio, vive con 417 euro di assegno sociale, è separato e ha una sorella che vive fuori. Ordinato e molto educato, si presenta spesso per il ritiro del pacco viveri. E’ solo una delle migliaia di persone che ricorrono all’aiuto di una delle parrocchie di Potenza e  probabilmente la sua storia non è nemmeno la più drammatica – c’è anche chi è disoccupato con tre figli minorenni a carico –  eppure la sua testimonianza colpisce per il peso della solitudine che non è meno angosciante di quello della povertà. Le difficoltà non si limitano più alle situazioni di marginalità o alle cosiddette fasce deboli. Oggi a chiedere aiuto sono anche gli appartenenti al ceto medio, messi in ginocchio da una crisi che dura ormai da anni. I dati nazionali  rilevano che l’11 per cento dei nuclei familiari vive in condizioni di povertà visibile. A questi, va aggiunto un 29 per cento di famiglie a rischio che, per un banale imprevisto come la necessità di cure mediche improvvise, possono scivolare sotto la soglia di povertà. Il ceto medio si è ormai assottigliato sempre di più e  la crisi ha intaccato le strutture sociali. 
E se fino a poco tempo fa le statistiche si chiedevano quanti potessero essere i poveri in Italia, per poter eventualmente attuare azioni di welfare oggi, sempre più di frequente, ci si trova invece a domandarsi: «Chi sono i poveri?» «Cosa si intende per povertà?» E’ povero solo chi non ha i mezzi sufficienti per soddisfare i bisogni essenziali o ci sono “nuovi poveri”, determinati da condizioni precarie di lavoro, da stipendi bassi, da costi della vita sempre più alti? La cosiddetta nuova povertà è reale o si tratta solo di percezioni di alcune persone in confronto a chi può permettersi più lussi?
 In generale è possibile  affermare che accanto alla persistenza di sacche di povertà da tempo conosciute e che nel tempo tendono a riprodursi, da alcuni anni si registrano situazioni di impoverimento che presentano tratti del tutto inediti rispetto al passato. Si tratta di persone che hanno conosciuto un pieno inserimento sociale e una piena integrazione lavorativa e che oggi si trovano a confrontarsi con l’incertezza di una condizione che li espone al rischio di un impoverimento più o meno estremo.
Basti pensare che prima era impensabile parlare di lavoratori poveri, ora invece esistono. Questa è la vera nuova povertà.  Ma i nuovi poveri   chi sono? Che volti hanno? Oggi non è povero solo chi vive per strada perché non ha un lavoro ed  una casa ma sono tante le sfaccettature, ampliandone il campo. Così gli esodati, gli over 50 –  troppo giovani per la pensione, troppo vecchi per un lavoro –  i pensionati tartassati dalle tasse, i giovani precari – altroché choosy – gli uomini divorziati – che di solito devono lasciare casa propria, pagando un mantenimento a coniuge e figli – sono il volto della moderna povertà.  Quelli che, con grande dignità, entrano nelle parrocchie o si rivolgono direttamente alla curia e chiedono aiuto. 
al.g.
a.giammaria@luedi.it
QUELLE immagini pubblicate ieri che ritraggono un uomo intento a recuperare da un cassonetto della spazzatura del pane – che qualche altro ha buttato, come si può buttare una buccia di banana,  in spregio a chi la fame la patisce – ha sollevato l’interrogativo sui nuovi poveri. Su chi sono e cosa fanno.  Scatoloni allineati uno dietro l’altro. C’è quello che contiene vestiti, quello con le scarpe, poi c’è quello della pasta, del pane, del latte. Tutti generi alimentari di prima necessità. Non c’è spazio per il superfluo. Basta entrare in una qualsiasi delle parrocchie cittadine e la scena è sempre la stessa. Ogni giorno, in media,  dalle 15 alle 20 persone entrano nelle chiese del capoluogo e chiedono aiuto. C’è il pensionato, l’extracomunitario ma anche il trentenne che non ha un posto fisso. E ci sono anche persone che prima non avevano problemi economici e che, invece oggi, già a metà del mese non hanno più neanche i soldi per comprare il pane. Poi ci sono anche quelli che pur avendo un lavoro non percepiscono lo stipendio da mesi. E così si varcano i portoni delle parrocchie. C’è chi ha in mano le bollette della luce e del gas e chiede al parroco di pagargliele  o, magari,  di dare   loro  quegli euro necessari a raggiungere la cifra totale perché non saprebbero dove andare a prenderla. Chi, invece, a metà mese non riesce più a mettere insieme il pranzo con la cena. E allora si entra in quelle stanze con gli scatoloni. Buste bianche di plastica vengono riempite con pacchi di pasta, una panella di pane, barattoli si salsa. E se ci sono dei bimbi latte e biscotti. Stessa cosa per il vestiario. Il signor Franco (nome di fantasia n.d.r), a esempio, vive con 417 euro di assegno sociale, è separato e ha una sorella che vive fuori. Ordinato e molto educato, si presenta spesso per il ritiro del pacco viveri. E’ solo una delle migliaia di persone che ricorrono all’aiuto di una delle parrocchie di Potenza e  probabilmente la sua storia non è nemmeno la più drammatica – c’è anche chi è disoccupato con tre figli minorenni a carico –  eppure la sua testimonianza colpisce per il peso della solitudine che non è meno angosciante di quello della povertà. Le difficoltà non si limitano più alle situazioni di marginalità o alle cosiddette fasce deboli. Oggi a chiedere aiuto sono anche gli appartenenti al ceto medio, messi in ginocchio da una crisi che dura ormai da anni. I dati nazionali  rilevano che l’11 per cento dei nuclei familiari vive in condizioni di povertà visibile. A questi, va aggiunto un 29 per cento di famiglie a rischio che, per un banale imprevisto come la necessità di cure mediche improvvise, possono scivolare sotto la soglia di povertà. Il ceto medio si è ormai assottigliato sempre di più e  la crisi ha intaccato le strutture sociali. E se fino a poco tempo fa le statistiche si chiedevano quanti potessero essere i poveri in Italia, per poter eventualmente attuare azioni di welfare oggi, sempre più di frequente, ci si trova invece a domandarsi: «Chi sono i poveri?» «Cosa si intende per povertà?» E’ povero solo chi non ha i mezzi sufficienti per soddisfare i bisogni essenziali o ci sono “nuovi poveri”, determinati da condizioni precarie di lavoro, da stipendi bassi, da costi della vita sempre più alti? La cosiddetta nuova povertà è reale o si tratta solo di percezioni di alcune persone in confronto a chi può permettersi più lussi? In generale è possibile  affermare che accanto alla persistenza di sacche di povertà da tempo conosciute e che nel tempo tendono a riprodursi, da alcuni anni si registrano situazioni di impoverimento che presentano tratti del tutto inediti rispetto al passato. Si tratta di persone che hanno conosciuto un pieno inserimento sociale e una piena integrazione lavorativa e che oggi si trovano a confrontarsi con l’incertezza di una condizione che li espone al rischio di un impoverimento più o meno estremo.Basti pensare che prima era impensabile parlare di lavoratori poveri, ora invece esistono. Questa è la vera nuova povertà.  Ma i nuovi poveri   chi sono? Che volti hanno? Oggi non è povero solo chi vive per strada perché non ha un lavoro ed  una casa ma sono tante le sfaccettature, ampliandone il campo. Così gli esodati, gli over 50 –  troppo giovani per la pensione, troppo vecchi per un lavoro –  i pensionati tartassati dalle tasse, i giovani precari – altroché choosy – gli uomini divorziati – che di solito devono lasciare casa propria, pagando un mantenimento a coniuge e figli – sono il volto della moderna povertà.  Quelli che, con grande dignità, entrano nelle parrocchie o si rivolgono direttamente alla curia e chiedono aiuto. 
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