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POTENZA – Hanno dormito un’intera notte nell’atrio del Comune. Poi, ieri mattina, si sono nuovamente incatenati davanti al Palazzo di Città, con alle spalle uno striscione che rivendica il proprio diritto al lavoro. Sono gli ex operai dell’inceneritore di San Luca Branca. Undici padri di famiglia, 11 disoccupati in mobilità in deroga che aspettano di tornare a lavorare da ben 7 anni da quando, cioè, l’inceneritore è stato chiuso. 

Nella mattinata  di oggi l’ennesimo incontro tra il sindaco Vito Santarsiero e il sindacato Uil Tucs, che sta portando avanti la vertenza. Si spera di trovare una soluzione definitiva insieme a un’alternativa che faccia da ponte nel tempo che dovrà necessariamente intercorrere affinchè la burocrazia e la politica facciano il loro corso. Gli 11 operai sono abituati ad attendere. E’ da un anno che il primo cittadino rinnova di tanto in tanto, tra incontri più o meno formali, la propria volontà a trovare loro una sistemazione. Ieri mattina li ha infatti ricevuti ancora una volta. «L’idea – ha detto Rocco Della Luna, della Uil – è di reintegrali attraverso dei progetti speciali ad hoc da concordare con l’Acta o nel piano di rifiuti del porta a porta che dovrebbe partire a breve. L’unico ostacolo, secondo quanto dichiarato da Santarsiero, è economico. Occorrerebbero i 6 milioni di euro di che la Regione Basilicata dovrebbe trasferire alla città di Potenza». 

Si allungherebbe così la lista dei tanti disoccupati potentini la cui vita dipenderebbe da questi fondi regionali. Lo stesso, infatti, è stato detto ai 21 ex dipendenti Cotrab, licenziati dall’azienda per aver denunciati i continui contratti interinali. Oltre alla questione finanziaria, però, nel caso dell’ex inceneritore peserebbero anche le sorti dello stabilimento. L’inceneritore, infatti, secondo i piani dell’amministrazione comunale verrà riconvertito in stazione di stoccaggio, nella quale andrebbero a lavorare proprio gli 11 operai dell’inceneritore. «L’unico problema , però, – precisa Della Luna – è che la Veolia, l’azienda che gestiva l’impianto, ha avviato al procedura fallimentare per cui è difficile dire quando concretamente potrà avvenire la riconversione». Gli operai continuano pertanto a rimanere appesi a un filo. La speranza è che davvero l’incontro di oggi sia risolutivo. «Quei 370 euro di mobilità – dicono – che non sono nemmeno mensili, non ci permettono di vivere dignitosamente».

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