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“Prima mi dicevano che ero la figlia di Felice, poi la nuora di Comodo, poi la moglie di Egidio, oggi la mamma di Felicia”. Con la consapevolezza (che al giro della vita si vive con sereno, divertito distacco) che una donna non sfugge alla logica dell’appartenenza, Antonia Fiordelisi, difensore civico regionale di fresca nomina, vive il suo incarico da una prospettiva mentale molto originale, quella della persuasione. “Perchè mi sento un magistrato di persuasione”. Cerniera tra la pubblica amministrazione e i cittadini, ma anche garante dei diritti civili e sociali, a partire da quelli dei detenuti. E non sempre i diritti, o meglio la rivendicazione di un diritto, è legittima, riconosciuta, assecondabile. Stare nel mezzo, convincere che un diritto a volte è una pretesa o – al contrario – che l’inaccessibilità di molti enti pubblici è una violazione insopportabile del rapporto di lealtà e trasparenza che lega la comunità a chi la rappresenta, è un compito che ancora in Italia ha bisogno di essere sostenuto. Chi è luomo – in questo caso la donna – che funge da tramite? Quell’ ombudsman istituzionalizzato nel Nord Europa, molto precario nella cultura del Sud dell’Europa, privo di un riferimento unico in Italia (proprio qualche giorno fa c’è stata una riunione di tutti i difensori civici italiani), percepito come una specie di ufficio reclami, per quello ius intercessionis italico per il quale ancora oggi supplichiamo e non chiediamo.

l.serino@luedi.it

(L’articolo completo sull’edizione acquistabile online e in edicola)

 

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