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Roberto Speranza resta in trincea e, con big del partito come Bersani e Letta, fa sapere che non voterà la fiducia. La notizia della spaccatura del Pd sull’Italicum apre tutti i giornali. La Stampa pubblica in prima pagina una lettera del premier, che si dice pronto a discutere sul Senato ma critica la “melina” dei compagni di partito. «Se un parlamento decide – scrive Renzi nella missiva inviata al quotidiano tornese –, questa è democrazia, non dittatura, se invece rinvia il rischio è l’anarchia». E ancora: «L’Italicum non sarà perfetto, come nessuna legge elettorale è perfetta. Ma è una legge seria e rigorosa che consente all’Italia di avere stabilità e rappresentanza, che cancella le liste bloccate, che impone la chiarezza dei partiti davanti agli elettori. Soltanto uno potrà dire di aver vinto: non come adesso quando, dopo i primi risultati, tutti affollano le telecamere per cantare il proprio trionfo. Abbiamo messo la fiducia perché dopo aver fatto dozzine di modifiche, aver mediato, discusso, concertato, o si decide o si ritorna al punto di partenza. Se un Parlamento decide, se un governo decide questa è democrazia, non dittatura. Se il Parlamento rinvia, se il governo temporeggia, il rischio è l’anarchia. È una grande lezione del miglior pensiero costituzionale di questo Paese, non è necessario aver fatto la tesi su Calamandrei per saperlo. La nuova legge elettorale è stata promessa nel 2006, ma purtroppo non si è realizzata».
Per il capogruppo dimissionario Speranza si tratta di una «violenza sul parlamento» sui cui «non metto la firma», come annunciato ieri in un tweet. Per Ezio Mauro si tratta di una “prova di debolezza”, come scrive nell’editoriale pubblicato oggi da Repubblica. La bagarre in aula è ben riassumibile dalla vignetta che campeggia sulla prima pagina del Mattino: “L’Italicum batte dove il dissidente duole” (Marassi). 

 

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