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POTENZA – Quella patita da Michele Satriani, l’imprenditore potentino da anni in lotta contro la tenaglia creditizia che ha strangolato la sua Socitel, è stata usura, e perdipiù bancaria.
A dirlo, papale papale, è la Corte di Cassazione che nei giorni scorsi ha depositato la sentenza con cui ha accolto il suo ricorso contro l’assoluzione di Dino Landi, direttore della filiale del Monte dei Paschi di Siena di Potenza tra il ‘99 e il 2001.

Per i giudici di piazza Cavour il verdetto della Corte d’appello di Potenza che a luglio dell’anno scorso aveva affermato che «il fatto non sussiste» è viziato «da passaggi manifestamente illogici e contraddittori».

In particolare: «laddove esclude la responsabilità dell’imputato assumendo che nel periodo in cui il medesimo ha svolto le funzioni di direttore della Filiale del Monte dei Paschi di Siena di Potenza, non si sono verificati sforamenti del tasso soglia nella relazione di c/c con la snc Socitel dei fratelli Satriani».

Infatti «contraddittoriamente, in altra parte della motivazione» gli stessi magistrati della Corte d’appello affermano «che i tassi applicati dall’istituto in tutto il periodo di durata del rapporto di conto corrente sono da ritenersi usurari». A eccezione dei primi tre trimestri del 1998 (quando Landi non era ancora in servizio), il quarto del 2000 e i primi tre del 2001. «Ciò significa che per sette trimestri durante l’epoca in cui il Landi ha svolto la funzione di direttore della filiale di Potenza sono stati praticati tassi usurari, essendosi verificato lo sforamento della soglia». Tutto il 1999 e i primi nove mesi del 2000.

«Tale situazione – spiega ancora la Cassazione – non giustifica l’assoluzione dell’imputato con la formula “perchè il fatto non sussiste”; formula che in questo caso comporterebbe un ingiustificato sbarramento (…) all’esercizio delle pretese risarcitorie del soggetto danneggiato».

In altri termini, sul fronte penale la partita è chiusa. Anche perché i fatti risalgono ormai a 13 anni fa e per il reato di usura la prescrizione scatta a 10. Ma sul fronte civile Satriani ha tutto il diritto a chiedere indietro gli interessi usurai che ha pagato, più i danni che dimostrerà di aver subito. 

Il calvario dell’imprenditore potentino è iniziato nel 2007, quando il Monte dei Paschi di Siena presentò un’istanza di fallimento per la Socitel. Di qui la denuncia e nel 2011 il rinvio a giudizio di 6 ex direttori della filiale potentina accusati di aver praticato per anni interessi da strozzo sui prestiti all’imprenditore, spesso anche a due cifre. Incluso Dino Landi, per cui in seguito è arrivato lo stralcio e a luglio del 2014 l’assoluzione in Corte d’appello.

A novembre Satriani aveva iniziato anche uno sciopero della fame, per protestare «contro i tassi usurai decisi dalle banche» e «sul fenomeno dell’usura e sulla disattenzione nell’applicazione della legge di riferimento in materia di usura bancaria da parte dell’ordinamento giudiziario sia locale che nei vari Tribunali d’Italia». Piazzandosi davanti al Palazzo di giustizia di Potenza per denunciare la sua situazione ormai «peggiorata al punto tale da condurre me e la mia famiglia in un baratro da cui è quasi impossibile uscirne».

Adesso ci sarebbe da sperare che dopo la vittoria di principio in Cassazione, la giustizia civile faccia il suo corso in tempi brevi, ma soprattutto che si sblocchi l’accesso ai fondi antiusura. Perché la sentenza dei giudici di piazza Cavour parla chiaro, e anche nei processi aperti difficilmente si potrà non tenerne conto.

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