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LAGONEGRO – Come in tutte le inchieste che si rispettino anche in questa c’è una figura che spicca sulle altre. Si chiama Franco Mastropierro ed è un affabile ed elegante 42enne di Latronico, “enfant prodige” della politica locale e “delfino” – per un po’ – del più potente concittadino, l’ex assessore regionale all’agricoltura Egidio Mitidieri, ex presidente del Consiglio regionale, che oggi è al vertice di Acquedotto lucano spa. Nel 1997 Mastropierro giovanissimo venne eletto sindaco ma quattro anni dopo l’alleanza che lo sosteneva si è sgretolata. Nel 2002 è approdato ad Acquedotto lucano spa come vice di Vincenzo Santochirico, poi passato in consiglio regionale lasciandogli le redini per un mese della struttura, tanto che tutti e tre – Santochirico, Mastropierro e il loro successore Mitidieri – due anni orsono si sono visti recapitare un avviso di garanzia per la storia di un pozzo e di un caseificio di Muro Lucano. Ma questa è una sciocchezza al confronto delle ultime accuse della procura di Lagonegro.
All’alba di mercoledì mattina sono state eseguite numerose perquisizioni domiciliari ma soprattutto 5 ordinanze di custodia cautelare di cui quattro in carcere nei confronti proprio di Mastropierro (ancora consigliere comunale del comune di Latronico), Carmine Cosentino 32enne di Lauria, Francesco Solimando 54enne di Policoro e Andrea Gallo 33enne di Latronico. Domenico Bruno 50enne di Tursi è agli arresti domiciliari, mentre Nicola Zaccara 40enne di Lauria rimane a piede libero con l’obbligo di firma.
Le ordinanze sono state emesse dal Gip del Tribunale di Lagonegro su richiesta della locale Procura della Repubblica che ha ritenuto esistenti sia i gravi indizi raccolti dagli inquirenti, sia le esigenze cautelari in relazione alle richieste avanzate dal pubblico ministero. Ma sono ancora in corso altre attività.
Nella vicenda sono coinvolte 30 aziende, e i rispettivi legali rappresentanti sono stati denunciati all’autorità giudiziaria lagonegrese per associazione per delinquere, riciclaggio, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta mediante artifici, dichiarazione infedele ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. Il pubblico ministero aveva chiesto l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere anche per altri indagati, mentre il Gip ha emesso il provvedimento sopra citato soltanto per i sei di cui sopra, pur riconoscendo la partecipazione di tutti nell’organizzazione a delinquere. Gli altri indagati sono residenti a Lauria, Rivello, Teana, Episcopia, Nocera inferiore e Latronico. L’indagine, condotta dalla Tenenza di Lauria è durata quasi due anni ed ha svelato una maxi evasione fiscale sgominando un’organizzazione ben strutturata: sono state effettuate perquisizioni tra abitazioni e aziende. Gli indagati sono accusati di essersi associati allo scopo di commettere più delitti di emissione e utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti anche da parte di società “cartiere”, omessa dichiarazione di imposte ai fini Iva e Imposte dirette, occultamento e/o distruzione dei documenti contabili, nonché delitti di trasferimento del danaro proveniente da reato non colposo e compimento di operazioni volte ad ostacolarne l’identificazione della provenienza delittuosa applicando alla lettera quello che comunemente viene riassunto con il motto latino “Do ut des” ossia “Io do affinché tu mi dia qualcosa in cambio”. Partecipando, con tale modus operandi, consapevolmente ed in favore dell’associazione, ad una frode carosello o comunque ad un articolato sistema fraudolento di fatture per operazioni inesistenti, movimentando, in entrata ed in uscita, denaro di provenienza illecita.
La figura di Matropierro è considerata di spicco per la sua posizione socio, politico ed imprenditoriale, ma soprattutto per aver ricoperto diversi incarichi grazie alla sua persona capace di sfruttare vantaggi. «Se c’è Mastropierro è una certezza». Il ritornello tra i presunti sodali sarebbe stato pressapoco questo. La sua influenza era predominante sulle persone che entravano nell’organizzazione e qualcuno acconsentiva a fare anche la testa di legno, o meglio, il prestanome.
Ma insieme a Mastropierro assumono un ruolo importante anche i suoi correi ai quali il Gip ha ritenuto applicare la misura cautelare mentre per altri, che non rivestono un ruolo determinante, ha applicato la misura coercitiva e altri ancora sono indagati a piede libero. Proprio l’avvio di un’attività ispettiva di natura fiscale ad una società di Episcopia ha portato alla luce un vero e proprio sodalizio criminale finalizzato a frodare l’Erario, radicato nell’area sud della Basilicata. I numerosi controlli incrociati eseguiti nei confronti delle società ha fatto emergere che i documenti fiscali erano per operazioni in tutto o in parte inesistenti. Insomma la figura dell’ex sindaco di Latronico è essenziale per la Procura perché si adoperava per le emissioni di fatture false tra le numerose società del gruppo da lui create. Inoltre il 42enne si è adoperato anche per contattare altri soggetti residenti nel napoletano e nel materano. Gli appartenenti al sodalizio si erano preparati anche ad eventuali controlli, esibendo titoli utilizzati come mezzi di pagamento e per la maggior parte dei casi erano assegni emessi in maniera fittizia. In particolare dalla minuziosa analisi documentale e bancaria sono state accertate 15mila operazioni di conto corrente con movimentazione di capitali di circa 70 milioni di euro riferiti alle illecite attività del sodalizio. In particolare risulta agli atti un ruolo eclatante svolto dalla World Service poi divenuta Gallo srl. Altra società di rilievo è anche la Gima srl perché utilizzava fatture completamente false che solo in modo apparente provenivano da società che erano del tutto ignare all’operazione. Da subito gli investigatori si sono concentrati sull’ex sindaco di Latronico nonché ex rappresentante legale della Tecno costruzioni e amministratore della Medialuc e della Mediafin. Insomma le società direttamente riconducibili a Mastropierro avevano molti rapporti con altre società ed alcune ruotavano intorno alla figura di Carmine Cosentino, Francesco Solimando, Domenico Bruno e Andrea Gallo. Secondo l’accusa, avallata anche dal Gip, si registra da una parte l’emissione di fatture per operazioni inesistenti e dall’altra l’utilizzo di fatture sempre per operazioni inesistenti al fine di abbattere l’imponibile con presunti costi e con conseguente evasione delle imposte dirette e dell’Iva. Il Gip ha ritenuto opportuno applicare la custodia in carcere perché era l’unica strada adeguata a garantire le specifiche esigenze sociali e dare un forte monito agli indagati dal continuare a perpetrare comportamenti così gravi e lesivi all’economia, con gravi ripercussioni sulle aziende coinvolte. Probabilmente lasciati a piede libero o solo agli arresti domiciliari gli indagati avrebbero potuto continuare a gestire anche tramite terze persone l’organizzata attività criminale, esponendo ancora di più a grave rischio l’economia. Tra i tre presupposti necessari per la custodia cautelare quello che il giudice ha evidenziato è quello della reiterazione dei reati da parte di alcuni indagati.

Emilia Manco

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