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CATANZARO – I carabinieri del Ros hanno eseguito all’alba una maxi-operazione antidroga tra le province di Milano, Reggio Calabria e Catanzaro. L’operazione ‘Tamburo’, come è stata denominata dagli investigatori per il ritmo incalzante del traffico di cocaina gestito dal gruppo, ha portato allo smantellamento di una rete per lo spaccio di cocaina in Lombardia, composta da 13 pregiudicati contigui alle cosche ‘ndranghetiste dei Barbaro-Papalia di Platì (Rc), Ursino-Macrì di Siderno (Rc) e Mancuso di Limbadi (Vv). 

I 13 arresti sono stati messi a segno dai carabinieri del Ros su richiesta del sostituto procuratore della Procura Distrettuale Antimafia Piero Basilone, con l’ordinanza che è stata emessa dal gip del Tribunale di Milano Luigi Varanelli. L’indagine nasce nel marzo 2010, quasi a cavallo con la conclusione della grande operazione ‘Crimine’ del luglio dello stesso anno, quando furono arrestate 300 persone in esecuzione di altrettante ordinanze emesse dal gip di Milano e Reggio Calabria. Un colpo durissimo che aprì spazi per le cosche rimaste estranee alla vicenda: i Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia), i Barbaro-Papapia di Platì (Reggio Calabria) e gli Ursino-Macrì di Siderno (Reggio Calabria). 
 
“MEGLIO ‘NDRANGHETISTA” – “E’ meglio un pregiudicato che un uomo di Stato”. A pronunciare questa frase, registrata durante un’intercettazione dai carabinieri del Ros, è uno degli ‘ndranghetisti arrestati dai militari nel corso dell’indagine ‘Tamburo’. 
Nell’intercettazione in questione si può ascoltare lo scambio tra due trafficanti che mascherano la compravendita di cocaina con il presunto acquisto di camion. Per affermare la propria credibilità, uno dei due dice che «è meglio un pregiudicato (come lui, ndr) che un uomo di Stato», ma il suo interlocutore gli risponde: «…da quella bocca escono cose che ci faranno prendere dieci anni di galera».
 

LE INDAGINI. I carabinieri hanno così seguito i traffici di Salvatore Mancuso, che però poco tempo dopo è stato arrestato dalla Dda calabrese per un’altra vicenda. Ma intanto sono stati accertati i suoi legami con Antonio Muià, 65enne originario di Siderno, uscito dal carcere nel 2004 dopo una condanna a trent’anni per sequestri di persona a scopo di estorsione commessi in Lombardia tra gli anni ’70 e ’80 con i fratelli Giuseppe e Michele. In particolare, si ricordano i sequestri di Augusto Rancilio (ucciso durante la prigionia), Luigi Balzarotti, Pasquale Ventura, Maria Giuseppina Parodi e Rosanna Restani. Muià emerge come figura di spicco nel traffico di cocaina – il gip di Milano Luigi Varanelli parla nell’ordinanza di “spaccio in grande stile” – acquistata da altri calabresi e rivenduta all’ingrosso. Elemento interessante, secondo gli investigatori, è che non si tratta di un’organizzazione ‘ndranghetista, ma di un’unione di ‘ndranghetisti appartenenti a famiglie diverse che superano le discordie che hanno nei territori di appartenenza al Sud, pur di fare affari al Nord. 

 
GLI ARRESTATI. Oltre a Antonio Muià (65), gli altri arrestati sono Gabriele Bonaldi, di 53 anni, Rosario Britti (65), Riccardo Colosimo (40), Antonino Guarnaccia (43), Giuseppe Fiorello Lombardo (65), Luciano Longo (36), Daniele Martino (71), Giuseppe Misiano (26), Giuseppe Molluso (31), Giuseppe Pagano (41), Massimo Sorbilli (42), Giovannino Verre (42).
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