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CATANZARO – «La realtà della vita ha due facce antitetiche: da un lato, c’è il colore oscuro, tenebroso, della sofferenza, della violenza e della persecuzione e voi, nella vostra terra, ne siete testimoni anche a causa della criminalità organizzata e del reticolo dei clan. Ma c’è un altro volto, più importante, che è quello della luce, della speranza e della resurrezione». Lo ha detto il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, celebrando la messa nel Duomo di Catanzaro. 

In una cattedrale gremita di fedeli, alla presenza di autorità civili e militari, Ravasi ha sottolineato che «ognuno di noi, magari nel profondo del cuore, ha un’amarezza, un’insoddisfazione, una disperazione. Dio non solo ascolta ma vuole entrare pienamente nel dolore dell’umanità e, sceso sulla terra, asciuga le lacrime dal volto degli uomini introducendo il sorriso. La stoffa del tessuto della vita è intessuto di fili di dolore ma il filo della gioia, anche se invisibile, è quello più importante e tiene insieme tutta la trama di quella stoffa». Circondato dai sacerdoti della diocesi, l’arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace, Vincenzo Bertolone, ha ringraziato il cardinale Ravasi per la sua presenza a Catanzaro, ieri e oggi, nell’ambito dell’iniziativa «Il Cortile dei gentili». «Non ho parole per ringraziarla delle tre lezioni che ci ha offerto – ha detto mons. Bertolone – che hanno lasciato un segno profondo nei sacerdoti, in tutti i fedeli e anche in tanti fratelli laici che non la pensano come noi. Sento il dovere di ascoltare la cultura laica sapendo cogliere gli aspetti di luce divina che emergono da essa. Stamattina si chiude una pagina bella per la nostra diocesi, grazie per aver illuminato le nostre menti, riscaldato i nostri cuori e per averci aiutato a riscoprire il grande dono delle fede».

Ieri Ravasi aveva rimarcato la lotta alla criminalità organizzata, nel corso della sua prima giornata trascorsa a Catanzaro. Testimoni di coerenza sociale come Falcone, Borsellino, Impastato, Siani, don Puglisi fanno così da sfondo all’intensa giornata di dibattito e riflessioni sul tema: “Etica, religiosità, corresponsabilità”, arricchita dalla presenza del cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del dicastero vaticano. «Dobbiamo capire – ha detto Ravasi – l’importanza di essere utili agli altri, noi cristiani questo lo chiamiamo servizio».

«La fede – spiega – è il punto terminale più alto della relazione umana, invita ad andare oltre, a scoprire il senso ultimo delle cose». La fede è, in altre parole, libertà: «In Oriente – dice ancora il porporato – quando la madre deve svezzare il figlio si tinge di nero il seno perché il bambino non riconosca più quella fonte di vita e di piacere che era prima. E’ un un gesto d’amore allontanare il figlio da sé per dargli la libertà. Ecco, la fede è la libertà». Ravasi passa poi al significato di “religione” che è una sorta di «comportamento globale sociale». E come tale la religione, alle volte, «può essere completamente priva di fede», come avviene nel fenomeno mafioso. La religione può anche essere quindi solo «partecipazione alla ritualità o aggregazione ad una determinata comunità per ragioni diverse». Insomma, Ravasi rileva che la religione è il modello sociale in cui si è inseriti, «può avere dentro di sé il nucleo forte della fede ma può essere anche completamente vuota». E fa un esempio: «E’ il fenomeno tipico della religiosità di un prete, funzionario del culto, che non crede più. I fedeli sono in grado di capire quando un prete è autenticamente credente o fa solo il suo mestiere. E’ facile capire quindi come una religiosità marcata può essere espressione solo di superstizione». 
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