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POTENZA – «Io parlo di legalità e ritengo il rispetto della legalità una cosa sacra. Dopo di che ritengo come mio impegno altrettanto sacro quello di soccorrere ai bisogni collettivi e ai bisogni dei cittadini deboli… e ritengo di non aver violato la legge».
Sono le parole del primo cittadino di Melfi Livio Valvano. Parole pronunciate con enfasi durante il suo lungo interrogatorio di garanzia davanti al gip Tiziana Petrocelli, che ha disposto prima gli arresti domiciliari, poi il divieto di dimora nella cittadina federiciana nei confronti del sindaco sospeso per effetto della legge Severino.
Valvano, coinvolto nell’inchiesta su abusi di potere e affidamenti pilotati in Comune si è difeso con forza dalle accuse. A partire di quella di aver “avallato” l’affidamento alla ditta dei Caprarella, già nel mirino dell’Antimafia per i rapporti col clan di Muro, della variante “concordata” da quasi 350mila euro sull’appalto per le case popolari di contrada Bicocca. In cambio della realizzazione di alcuni ascensori.
«Allora io credo che questa conversazione – ha spiegato il primo cittadino – si sia sviluppata in un contesto in cui io sono andato a chiedere a D’Amelio: “Ma questa variante di cui state discutendo a che serve?” Quindi è stata una mia curiosità, un mio voler capire cosa stava accadendo (…) e durante quella discussione (…) io gli ho chiesto: “Ma ci sono questi ascensori?” (…) Io non sono entrato nel merito, sulle ragioni della variante; ho chiesto semplicemente all’ufficio di farsi carico di evitare di… come dire? Procurare un’altra volta un problema che fra l’altro poi, avebbe chiesto magari più soldi per essere risolto. Non ho voluto condizionare l’approvazione, non lo potevo fare, non intendevo farlo».
Valvano ha parlato di un’eredità scomoda della vecchia amministrazione in materia di appalti. Come quello delle case popolari. «Ho vissuto una stagione da consigliere di opposizione – ha aggiunto – e quindi in un paese piccolo ho visto quello che… senza avere nessun elemento, quello che appariva una stranezza, diciamo, nella… ma non l’ho visto solo io. La vedeva l’intera città, e cioè l’idea che ci fossero sempre e solamente alcune imprese a essere assegnatarie di lavori nei precedenti 10 anni».
Ma di prove evidenti di sotterfugi nessuna. «Io non ho saputo mai, non ho mai avuto convinzione che l’appalto fosse truccato… altrimenti avrei fatto un’informativa alla Procura».
Il sindaco ha ribadito le distanze con l’unico ex assessore che non ha voluto votare quella variante, Rosa Masi. «Io ho detto: “Se il problema…” Io ho chiesto a tutti gli assessori: “Se il problema è il sospetto…” che io stesso potevo nutrire, ma nutrivo negli anni precedenti su come venivano gestite queste procedure con ribassi così forti, non poteva essere una ragione per cui la giunta si rifiutava, fra l’altro, di fare cosa? Un atto che non competeva alla giunta».
Quanto ai Caprarella: «Al di là delle posizioni politiche diverse (…) non ho nessuna relazione, non ho mai avuto nessuna relazione con la famiglia Caprarella».
Anche se è accusato di aver fatto assumere proprio a loro una persona bisognosa che si era rivolta a lui. Attraverso il capo dell’ufficio tecnico Bernardino D’Amelio: «Dottoressa, sono le parole di D’Amelio con l’impresa». Si è smarcato Valvano dicendo di aver chiesto all’architetto soltanto di tenere in considerazione le persone bisognose. Non sapeva che alla fine l’assunzione l’avrebbero fatta i Caprarella. Ma anche su questo alla fine il gip non lo ha ritenuto credibile.

l.amato@luedi.it

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