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NELLE primissime ore di ieri mattina, il professor Biagio Solarino dopo l’esame autoptico, ha consegnato i corpi senza vita di Vito Tronnolone, Maria Stella Puntillo e dei figli Chiara e Luca ai familiari per le esequie che si celebreranno questo pomeriggio. La dinamica della strage che ha sconvolto il piccolo centro di San Fele, pare sia stata circoscritta. Vito Tronnolone avrebbe fatto fuoco prima di tutto sulla figlia con due colpi – forse al viso  –  della sua revolver special 38 mentre stava dormendo in camera, poi spondandosi in bagno – il villino non è molto grande – avrebbe sparato al figlio centrandogli l’occhio sinistro. Infine avrebbe freddato la moglie, che stava tentando di scappare, con un colpo sulla fronte. Il proiettile, fuoriuscito dalla testa della donna, avrebbe centrato il portoncino di vetro e alluminio, finendo la sua corsa fuori dall’abitazione. L’uomo dopo aver freddato i familiari, ha chiamato la sorella Lucia e dopo aver “confessato” di aver ucciso tutti, avrebbe rivolto la pistola verso di sé in direzione della tempia e ha sparato.  Il movente resta ancora oscuro. Certo gli inquirenti sentendo i familiari e i conoscenti di Vito Tronnolone hanno potuto appurare che l’uomo negli ultimi tempi era un po’ giù di morale. Ma nulla lasciava presagire a quanto poi avrebbe compiuto di lì a poco. Nemmeno dopo la sua visita all’ospedale di Melfi. Dunque Tronnolone avrebbe agito senza un apparente motivo e presumibilmente, così come confermato dagli inquirenti già lo scorso sabato, si sia trattato di un raptus. Chiaramente la pista della premeditazione non è esclusa. L’uomo infatti ha portato con sé dalla Toscana sia la P38 che un fucile. I carabinieri del nucleo operativo di Melfi coordinati dal magistrato Anna Gloria Piccininni, stanno indagando per chiarire tutti gli aspetti di questa vicenda che ha gettato due comunità (quella di San Fele e di Listra a Signa) nello sconforto e nel dolore.

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