X
<
>

Condividi:
3 minuti per la lettura

REGGIO CALABRIA – Il sistema di ‘fatture gonfiate’ utilizzato dalle cosche di ‘ndrangheta nella Leonia era stato riferito in più occasioni ai magistrati della DDA reggina dai collaboratori di Giustizia Nino Lo Giudice, Roberto Moio e Consolato Villanti. Dichiarazioni che hanno trovato pieno riscontro nelle intercettazioni durante l’indagine. Gli stessi collaboratori di Giustizia hanno riferito che verso la fine del 2007 e gli inizi del 2008, la società Leonia è stata al centro di un passaggio di ‘consegne’ che avrebbe segnato la fine del ‘governo’ della cosca Fontana, con il subentro di un ‘triumvirato’ formato dalle famiglie De Stefano, Tegano e Condello. Secondo le dichiarazioni di Nino Lo Giudice e Consolato Villani, sarebbe stato per ‘volere’ di Pasquale Condello che Giovanni Fontana e la sua cosca non dovevano «prendere niente, perchè aveva già avuto la ‘manutenzione della Leonia’ e nonostante ciò non dava conto a nessuno». A seguito di una riunione che cui avrebbero preso parte Pasquale Condello, Giuseppe De Stefano e Giovanni Tegano, si sarebbe deciso di ‘agire’ nei confronti di Giovanni Fontana, attuando alcuni atti intimidatori ai danni degli auto compattatori della società. Effettivamente, a riscontro di quanto narrato dai collaboratori di Giustizia, vi furono degli atti intimidatori, perpetrati il 9, il 13 e il 16 gennaio 2008, effettuati con colpi d’arma da fuoco e fucile ai danni di mezzi della società Leonia. Il 9 gennaio 2008, martedì notte intorno alle ore 23.30, nei pressi della vecchia stazione ferroviaria del quartiere di Catona due malviventi col volto coperto da passamontagna minacciarono l’autista che era appena sceso da un Piaggio Porter della Leonia, intimandogli di allontanarsi, ed esplosero due colpi di fucile a palla singola sotto al parabrezza anteriore dell’automezzo. In un’altra occasione i malviventi ‘assalironò di notte un auto compattatore in azione nella centralissima piazza del Popolo, esplodendo diversi colpi di pistola contro l’automezzo sotto lo sguardo terrorizzato degli operatori della società partecipata.

Ma era la manutenzione dei mezzi meccanici della società il vero e proprio affare della cosca della ‘ndrangheta Fontana. La famiglia Fontana è titolare della società Semac alla quale è stata affidata la manutenzione dei mezzi della Leonia. La manutenzione dei mezzi, secondo gli investigatori, ha garantito alla cosca Fontana un costante flusso di denaro. I collaboratori di giustizia sostengono che il denaro ricavato dall’attività era diventato un ‘fondo cassa’ a disposizione delle cosche reggine. Una sorta di «rimessa di denaro contante» proveniente dall’acquisto sovra stimato di pezzi di ricambio e componenti meccanici dei mezzi utilizzati nel ‘Comparto rifiuti’ che, attraverso il sistema di fatture gonfiate, venivano sostituiti dalla Semac con assoluta facilità e senza una preventiva autorizzazione della Leonia, registrando altissimi costi aziendali.

Secondo quanto appurato l’operazione compiuta stamane a Reggio Calabria è il risultato di due distinte indagini svolte dalla squadra mobile negli anni 2000-2011 e, successivamente, dal Gico della Guardia di Finanza. L’attività investigativa è stata coordinata dal Procuratore della Repubblica facente funzioni di Reggio Calabria, Ottavio Sferlazza, dal Procuratore della Repubblica aggiunto Michele Prestipino e dai sostituti procuratori della Dda Sara Ombra e Giuseppe Lombardo. Tra i soggetti destinatari dei provvedimenti restrittivi ci sono il boss Giovanni Fontana, 67 anni, ritenuto dagli inquirenti il fondatore, insieme a Nino Imerti e Pasquale Condello, dello schieramento degli Imerti-Condello-Fontana che si contrapponeva ai De Stefano-Tegano-Libri nella ‘guerra di mafia’ di Reggio Calabria

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE