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di OTTAVIO ROSSANI
Parliamo ancora di Berlusconi. L’argomento è ineludibile. Anche perché egli stesso fornisce occasioni e motivi per le nuove puntate. La sua abilità mediatica si sviluppa ogni settimana sia per il bene sia per il male. Essere soggetto mediatico per Berlusconi è fondamentale non solo per catalizzare l’attenzione del pubblico (come un consumato attore), ma anche e soprattutto per crearsi un’indefinibile armatura difensiva da tutti gli attacchi che a torto o a ragione gli arrivano ogni giorno. Leggere un libro appena pubblicato dal titolo Gli italiani spiegati da Berlusconi (Laterza, pagg. 268, euro 16), scritto da Paolo Ceri, che insegna sociologia a Firenze. Ed ecco la parola chiave: “attacchi”. Una parola che egli sa usare benissimo. Egli stesso si definisce sotto attacco. La convocazione come teste da parte della Procura di Napoli? I magistrati vogliono interrogarlo come testimone, nonché come parte lesa da parte di quel giro barese che fa capo a Tarantini, procacciatore ormai diplomato di ragazze da offrire al “Drago”, ovviamente con una contropartita. In che senso è una trappola? Non lo ha spiegato. Ma questo gli basta per dichiarare che non andrà mai dai magistrati. Finora è ritenuto vittima di estorsione da parte di Tarantini e Lavitola, quello strano e improbabile direttore de L’Avanti! che ha ricevuto 500mila euro da Berlusconi per consegnarli a Tarantini, al quale ne sono arrivati solo centomila. Ora, queste pose sono talmente grossolane, e le sue parole sono così supponenti, che si stenta a pensare che egli possa essere veramente in buona fede. Del resto la situazione che si è creata in Italia e all’estero con le sue disavventure boccaccesche, con le sue conversazioni registrate con Tarantini, in cui appare chiaro che il maneggione barese era/è un procacciatore di prostitute di lusso, in genere scovate nel mondo dello spettacolo e della televisione, è talmente insostenibile che in tutto il mondo capi di Stato e primi ministri non si capacitano di come possa accadere in Italia che un esponente politico della sua importanza non si dimetta davanti a tante palesi abnormità. Berlusconi continua a dire “Ma che cosa ho fatto di male!” e non si rende conto (o se ne rende troppo bene e lo fa apposta a tirare la corda contro tutti in modo da creare l’incidente? E non saprei nemmeno ipotizzare quale!) che così prende in giro i cittadini italiani, e anzi li offende nella loro intelligenza. Ricordate che Clinton ha rischiato di essere messo sotto accusa per un rapporto orale con la famosa stagista della Casa Bianca e che è riuscito a salvarsi solo perché in tv ha confessato l’errore commesso, chiedendo scusa agli americani per aver prima mentito. Come può essere che il presidente del Consiglio non si renda conto che le sue bugie reiterate negli ultimi due anni in relazione ai suoi comportamenti (frequentazione di minorenni a pagamento, secondo l’accusa del “caso Ruby”) sono un fatto politico di assoluto rilievo, per cui sono doverose le dimissioni? Sia ben chiaro che qui non esiste per noi la questione morale. Ognuno può fare quello che vuole delle sue notti sessuali. Il problema è che un presidente del Consiglio deve essere un modello di comportamenti oltre che di saggezza politica per tutti i cittadini. Come può Berlusconi chiedere agli italiani il salasso della manovra portata a termine finora per un complessivo importo di circa 90 miliardi di euro, se poi lui sperpera il suo denaro in elargizioni non spiegabili e nemmeno credibili? Come può pretendere i sacrifici degli altri quando non sa farne uno lui? Come può pretendere che gli altri paghino le tasse se lui esorta (è successo anche questo) piccoli e medi imprenditori a evadere. Come può pretendere che i cittadini amino l’Italia se lui è il primo a denigrarla (dalle intercettazioni sembra che abbia detto a Lavitola di non tornare in Italia, “questo Paese di m.”). Eccetera. Gli esempi possono essere milioni. Ma non è solo lui il problema. Ancora di più sono i berlusconisti e i berlusconismi. L’Italia ha vissuto il secondo “Ventennio” (dal 1994 a oggi) e sta franando. Fare il confronto con il primo “Ventennio” finito con una guerra disastrosa viene naturale. Quella tragedia è stata determinata dalla volontà di non lasciare il potere, nonostante fosse chiara la necessità di girare pagina. Esemplifico, è chiaro. Ma ora, in modo diverso, la situazione si ripete: Berlusconi è attaccato alla poltrona molto più di Mussolini. Il disastro che sta provocando ora è il dissesto dell’economia italiana, in una diversa e strana guerra. Messo a nudo dalle centomila intercettazioni per l’indagine su Tarantini, egli avrebbe voluto risolvere il suo problema con un decreto legge sulle intercettazioni. Bene ha fatto il presidente Napolitano, ancora una volta, a stoppare il tentativo della decretazione ai fini personali di Berlusconi, poiché non ne ravvisava l’urgenza. Tutte le opposizioni chiedono a Berlusconi di farsi da parte per la salvezza del Paese. Se ha un barlume di amore per il nostro Paese, Berlusconi si faccia riamare (il consenso degli italiani è al minimo storico) con un atto di coraggio. Lo dico, ma non ci spero troppo. Sarei felice se venissi smentito. *** I CINESI VENGONO A COMPRARE IN ITALIA – Arrivano i cinesi? Ma i cinesi sono già qui da un sacco di anni, e nessuno se n’era accorto? Ogni grande città ha una sua “Chinatown”, in cui i cinesi lavorano senza fare casino. Non si sa come sono organizzati né sul piano familiare né sul piano sociale. Nessuna comunità straniera in Italia è autosufficiente come quella dei cinesi. Sono una forza economica, ma sul piano sociale sono comunità staccate dal tessuto nazionale. Fanno vita e storia a sé. C’è qualcuno che sa dove i cinesi vengono seppelliti? Mentre sappiamo cose buone e cose cattive sui filippini, romeni, cileni, ecuadoregni, eccetera, dei cinesi non sappiamo nulla. Sono un fiume che scorre sotterraneo. Arrivano e comprano senza battere ciglio se le richieste dei venditori sono esose. Ora si parla dei cinesi che vengono dalla Cina, non di quelli che sono già in Italia, ma che comunque sono strettamente collegati con quelli viventi nella madrepatria, quanto meno sul piano commerciale. Ma sono collegati anche come clan familiari e spesso anche con meccanismi mafiosi. Sembra che società cinesi intendano comprare in Italia, e molti interpretano questa propensione come il desiderio di venire in aiuto del nostro Paese. Nulla di più illusorio. I cinesi sono grandi affaristi. La crescita abnorme della loro economia (grazie al sistema comunista riformato con pillole di capitalismo, ma tutto tenuto sotto controllo dai dirigenti centrali del partito) induce molti a pensare che ormai i cinesi siano fuori dal retaggio comunista, che invece è ancora forte e condizionante. La forza della Cina è il miliardo e trecento milioni di abitanti. Lavorano tutti come formiche, spesso anche sotto sfruttamento. Il sistema permette anche l’arricchimento dei più furbi. Insomma un piede dentro e uno fuori dal comunismo e dal capitalismo, in contemporanea. Anche questo è un fatto anomalo, da molti imprevisto. La Cina oggi è una potenza mondiale in via di continua espansione. Investire nei vari Paesi del mondo per loro è diventato un loro obbiettivo per ampliare lo sviluppo nello scacchiere internazionale. Da ogni parte sanno fare utili. Quindi nessuna illusione, non vengono per salvare l’Italia, non vengono per aiutare il nostro Paese. Vengono per conquistare un mercato debole. Infatti non compreranno titoli di Stato italiani, ma aziende. E allora, il Governo si metta in guardia e si tuteli: non permetta ai cinesi, ma nemmeno ad altri gruppi stranieri, di entrare nelle società e aziende italiane superando la quota del 10 per cento (ci vorrebbe una legge apposita). Altrimenti saranno guai. Guardare agli Usa per una volta potrebbe essere utile. I cinesi lì hanno investito talmente tanto che se volessero ritirare quei fondi farebbero crollare quell’economia. L’Italia non deve fare lo stesso errore. Lasciare loro – o a chiunque altro – il più ampio spazio di manovra non ci aiuterebbe, ma ci renderebbe ancora più deboli di quello che già siamo.

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