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POTENZA – Nel 2012 per difendersi dall’accusa di connivenza con i dirigenti imputati nell’inchiesta sulle raccomandazioni all’Arpab, il disastro di Fenice e l’inquinamento della discarica di Pallareta, dalla Regione Basilicata avevano sventolato una delibera di giunta che rinviava la costituzione di parte civile alla prima udienza del dibattimento. Ma ieri in aula non si è presentato nessuno, ed è soltanto per un imprevisto che il termine per farlo è slittato al 3 novembre.

Si è conclusa con un rinvio “tecnico” ieri mattina la prima udienza del processo per lo scandalo Arpab-Fenice davanti al collegio del Tribunale di Potenza.

A causa di alcuni problemi con le notifiche degli avvisi ai menager di Fenice-Edf, la società francofona che gestisce l’impianto di San Nicola di Melfi, imputati, accusa e parti offese sono stati riconvocati tra poco più di 4 mesi per ripetere le formalità di rito e iniziare a discutere le prime questioni, incluse le liste dei testimoni e le richieste di prova. 

Andrà quindi ripetuta anche la costituzione di chi intende chiedere un risarcimento agli imputati nell’eventualità di una condanna, dato che alcuni di questi ieri non erano in condizione di difendersi. Quantomeno dalle pretese dei comuni di Lavello (avvocato Mario Di Nitto), Rionero (Antonio Raffaele Pettorruso), del Comitato diritto alla salute Lavello (Michele Mastromartino), Legambiente, Wwf, Fiom, e in particolare la Provincia di Potenza, che come la Regione aveva annunciato l’intenzione di costituirsi in dibattimento “saltando” l’udienza preliminare, e aveva anche approvato una delibera in questo senso, ma alle parole ha fatto seguire i fatti. Tant’è che all’appello del presidente, ieri mattina, c’è stato chi ha risposto presente.

Se l’assenza di un legale rappresentante di via Verrastro sia stato frutto di un disguido tecnico o di una precisa volontà politica non è ancora chiaro, ma di certo fino a ieri sera nessuno si è sentito in dovere di precisarlo. Resta quindi l’impressione che la promessa di non fare sconti a nessuno sia rimasta tale. Se poi il 3 novembre l’aula dovesse essere “disertata” ancora una volta ogni dubbio a riguardo sarà spazzato via. 

Tra le accuse per cui il gip Rosa Larocca ha deciso il rinvio a giudizio di 16 imputati c’è l’abuso dei contratti di lavoro interinali all’Arpab, «improntato a criteri clientelari». L’ex direttore generale, Vincenzo Sigillito, deve rispondere assieme all’ex coordinatore provinciale Bruno Bove anche di falso ideologico per aver attestato nelle denunce presentate alle procure di Potenza e Melfi che prima del  2008 non erano mai emersi superamenti delle soglie di contaminazione nella falda sotto Fenice, mentre una perizia fa risalire l’allarme al 2002.

I responsabili della Direzione ambiente della Provincia di Potenza e dell’Ufficio compatibilità ambientale della Regione, Domenico Santoro e Salvatore Lambiase, sono accusati di omissione d’atti d’ufficio per non aver imposto lo stop alle attività dell’inceneritore una volta venuti a conoscenza dell’inquinamento fino a quando non fossero stati verificati i dati rilevati e ripristinata la «condizione di normalità» nella gestione dell’impianto.

Quanto ai vertici di Fenice spa il capo d’imputazione per cui è stato disposto il rinvio a giudizio parla di truffa per aver smalito per anni i rifiuti di Melfi e di diversi comuni del potentino a costo pieno, mentre il trattamento avveniva tutt’altro che a regola d’arte danneggiando in particolare all’ambiente circostante. Con il concorso dei vertici dell’Arpab che avrebbero mascherato i risultati delle analisi chimiche. Più «disastro ambientale» per non aver attivato le procedure di emergenza previste una volta scoperta la presenza di «metalli pesanti e soventi organici clorurati anche cancerogeni» nella falda.

Rispetto al terzo filone dell’inchiesta condotta dai militari del Noe e del Reparto operativo dei carabinieri, che riguarda la gestione della discarica comunale di Potenza, il gup ha accolto le richieste dell’accusa solo per l’ex direttore e l’ex presidente dell’Acta Rocco Robilotta e Domenico Iacobuzio, tuttora consigliere provinciale del Pd. Più il dirigente dell’ufficio ambiente del Comune di Potenza Giancarlo Grano. Tutti accusati di aver smaltito in maniera non autorizzata il percolato presente sul fondo della discarica di Pallareta senza denunciarne la presenza.

l.amato@luedi.it

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