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SONO disoccupati o svolgono lavori saltuari. Non ce la fanno a sostenere un fitto, a fare la spesa, a pagare le bollette. L’unico modo per rimediare a un tetto sulla testa è quello di ricorrere all’illegalità.
Le 40 famiglie abusive di via Tirreno, in particolare dei palazzi Favero e Padula, sono ben consapevoli della propria situazione. Sanno che, entrando in quegli appartamenti popolari senza esserne gli assegnatari, hanno commesso un atto contro la legge. Ma l’alternativa sarebbe stata vivere sotto un ponte.
Così, oggi che l’Ater obbliga loro lo sfratto, contestano l’ordinanza e chiedono al Comune e alle istituzioni di non buttarli in mezzo a una strada senza aver trovato una soluzione alternativa. Per questo motivo, grazie all’intervento di Dino De Angelis, cittadino attivo al fianco delle famiglie, la loro richiesta è arrivata a otto consiglieri regionali che, con una mozione presentata ieri in consiglio regionale, chiedono la revoca momentanea degli sfratti, almeno il tempo necessario perché Comune e Regione Basilicata trovino una sistemazione alternativa.
La mozione, approvata con 14 voti su 16, rappresenta «una chiara presa in carico della situazione da parte della politica lucana – ha detto De Angelis presente alla seduta insieme a una delegazione delle famiglie coinvolte – che ovviamente non è a favore dell’illegalità ma del sostegno alle famiglie che vivono gravi disagi sociali. Un primo passo per risolvere il problema degli alloggi per le categorie svantaggiate».
La sospensione degli sfratti, infatti, dovrebbe concedere il tempo necessario per verificare anche la reale condizione di queste famiglie, facilitando in qualche modo quelle nelle condizioni più critiche, come nei casi di disabilità grave.
La mozione, inoltre, pone le basi per una modifica della legge regionale 24/2007 che regolamenta i criteri necessari per l’assegnazione degli alloggi popolari in specifiche graduatorie, ritenuta anacronistica rispetto alle nuove situazione di disagio sociale oggi riscontrate. Dei 40 di via Tirreno non tutti sono presenti in queste graduatorie. Chi c’è ha una posizione talmente svantaggiata che è impossibile pensare di coronare il sogno di una casa propria in tempi brevi. Ecco dunque che quando arriva la voce di una casa libera, ci si fa una passeggiata nel quartiere e poi si trova il modo per entrarci.
Il paradosso è che chi di dovere, in questo caso specifico l’Ater, è ben a conoscenza delle situazioni di abusivismo tant’è che gli “affittuari” pagano un canone maggiorato per questo motivo, che va dai 200 ai 400 euro al mese.
«Se usciamo noi – dicono i cittadini coinvolti – dopo di noi entra qualcun altro». Lo stesso, succede da anni nei prefabbricati di Bucaletto, «sebbene – continuano – quando noi abbiamo chiesto di essere trasferiti lì ci hanno detto che non si può fare perché appena liberano un prefabbricato lo abbattono». E non sarebbe neppure vero, secondo gli stessi, che a oggi il Comune non ha appartamenti liberi da poter destinare loro: «Ce ne sono eccome – dicono – in viale Dante, a Santa Maria, in via Mar Egeo».
Una delle prime famiglie destinata a lasciare l’alloggio, dovrà andarsene entro il 15 novembre. Non resta a questo punto che aspettare e verificare che la politica mantenga gli impegni presi.

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