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POTENZA – Ha ribadito la linea dettata dal suo ufficio legale l’amministratore delegato di Total esplorazone & produzione Italia spa, Thierre Normand, ieri mattina a Matera davanti alle telecamere del Tgr Basilicata. Ha replicato alle domande di Edmondo Soave sulle prospettive del progetto di estrazioni nella Valle del Sauro, i guai giudiziari e lo scandalo sulla vicenda dei fanghi tossici interrati nei campi di Corleto, con l’immagine di una compagnia proiettata nell’avvenire. «Garantiamo per il futuro». Sono state le sue parole. Quanto al passato, vale il ritornello di quella nota canzone napoletana: «Chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto».
Resta ferma quindi da parte di Total l’intenzione, già espressa nel carteggio con l’Ufficio prevenzione e controllo ambientale della Regione pubblicato nei giorni scorsi dal Quotidiano, di negare qualsiasi responsabilità per quanto accaduto negli scorsi anni a Serra d’Eboli, dove qualcuno ha sversato i fanghi prodotti durante la perforazione del pozzo “Tempa Rossa2”.
Stando alla relazione del perito incaricato dalla Procura della Repubblica di Potenza, che sta conducendo un’indagine molto complessa sull’accaduto, agli inizi degli anni ‘90 circa 2mila metri cubi di sostanze, che andavano classificate a tutti gli effetti come rifiuti pericolosi, sono state sversate in un terreno dove poco tempo dopo sarebbero tornate a pascolare le pecore di alcuni pastori della zona. Il risultato è che si sarebbero verificate una serie di morti sospette per tumore, tra i pastori e non solo, fin quando il figlio di uno di questi non si è deciso a denunciare la cosa ai carabinieri e si sono scoperti quei veleni interrati – si fa per dire – sotto meno di un metro di terriccio di riporto. All’epoca era stata Total mineraria spa a chiedere il permesso di costruire una discarica a tutti gli effetti, ma l’autorizzazione non sarebbe mai arrivata. Nel frattempo i fanghi vennero sversati e poi ricoperti, mentre Total mineria spa veniva ceduta alla britannica Lasmo, passata una decina d’anni fa nell’orbita dell’Eni.
Sulla base proprio di questi passaggi societari la multinazionale francese sembra dunque chiamare in causa la società del cane a sei zampe. Nondimeno ha offerto fino ad oggi risorse e disponibilità per la prima fase della caratterizzazione del sito, a cui dovrebbe seguire la bonifica. Unica condizione: la scomparsa dagli atti ufficiali dell’indicazione della nuova Total come responsabile agli effetti di legge per l’accaduto.
Poi c’è la questione delle estrazioni, ferme perchè manca ancora un’infrastruttura fondamentali come il centro oli che dovrebbe sorgere sempre nel territorio di Corleto. L’appalto da 27 milioni di euro per la preparazione del sito è finito nel 2007 al centro dell’inchiesta del pm Henry John Woodcock. Da allora è stata annullata l’aggiudicazione e indetta una nuova gara con la base d’asta quasi raddoppiata. Infine è intervenuta la Commissione europea che ha liberalizzato di fatto la disciplina dei contratti tra le imprese titolari di concessioni pubbliche come quelle per le estrazioni di petrolio e i loro fornitori. Total potrà scegliere quindi liberamente chi dovrà svolgere i lavori.
Normand ha spiegato che la commissione incaricata dalla società avrebbe già un nome che verrà reso noto nei prossimi giorni. Dopodichè servirà ancora un passaggio al Cipe e le ruspe potrebbero all’opera.

lama

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