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MELFI – Fiat Chrysler Automobiles c’è. Sergio Marchionne ha rischiato per inseguire il sogno americano e, senza chiedere nulla, contro tutto e tutti, ha vinto.

La sfida adesso è solo una: cercare il futuro dell’auto nel mercato globale. Una sfida al mondo e nel mondo che, proprio in Basilicata, trova il suo punto d’innesco.

La Sata di Melfi infatti produrrà la prima auto globale del gruppo: un mini Suv a marchio Jeep a cui seguirà la 500X. Per farlo Fiat ha investito quasi un miliardo e mezzo di euro nello stabilimento lucano. Ha rinnovato e migliorato tutte le aree e ha costruito una linea produttiva capace di sfornare più modelli contemporaneamente (fino a 4 per 1.100 auto al giorno). Si tratta di uno dei più grossi investimenti nel settore manifatturiero effettuati nel 2013 in Italia.

E come sempre, quando Fiat rinnova e investe anche le diverse aziende del suo indotto rinnovano e investono. Ma questa volta è diverso. L’obiettivo per loro è ancora più importante e non lascia alternative: diventare fornitori globali e seguire FCA ovunque.

Così, tra cassa integrazione e contratti di solidarietà, anche il resto della filiera si sta riposizionando in giro per il mondo con importanti impegni di spesa. A Melfi il record è della  Tiberina con 16 Mln di euro investiti nel suo stabilimento, segue Sistemi Sospensioni con 12 Mln e Proma con 10 Mln.

Qualche azienda non ce l’ha fatta (la Incomes ad esempio) ma nuovi player internazionali sono arrivati e con loro atterrano capitali freschi, voglia di crescere e possibilità di assumere. Tra questi spicca la tedesca Brose che fornisce sistemi e strutture per porte e sedili. Un colosso che conta circa 22.000 dipendenti distribuiti in 58 sedi di 23 paesi con un fatturato al 2013 che sfiora i 5 miliardi di euro. Insediato di fresco è anche il Gruppo Argol Villanova, azienda di Alessandria, che si occupa di logistica integrata con oltre 4.000 addetti divisi tra 70 sedi nel mondo.

In Basilicata, dunque, una fetta importante di uno dei principali comparti industriali italiani (1,2 Mln di addetti tra diretti e indiretti) si sta riconfigurando per giocare una partita decisiva.

Per questo la zona industriale di San Nicola di Melfi è in fermento. Le strade sono trafficate, ma più che bisarche sfilano auto aziendali. Manager e quadri sono tutti nel Vulture.

 Si lavora tanto e in tanti, fuori e dentro le aziende. Negli alberghi di Melfi e Rionero c’è il tutto esaurito da mesi. Alcuni per dormire arrivano fino a San Fele (a 50 km). Intanto il tempo stringe. La produzione inizierà ad aprile ma le pre-serie della piccola Jeep vengono già assemblate e scorrono lucide e silenziose lungo la nuova linea. Chi l’ha vista dice che lo stile è “american”: calandra marcata e linee muscolose che “i ragazzi di Melfi” addomesticano ormai alla perfezione secondo il vocabolario del World Class Manifacturing (sistema di produzione adottato da FCA).

Tutto questo mentre la politica e le istituzioni lucane sono rimaste alla finestra, da dove, come sempre, molto hanno detto ma poco hanno fatto.

Il risultato: imprenditori stranieri che si aggiravano sconsolati tra i capannoni alla ricerca vana di uffici informativi e assistenza. L’accoglienza? Demandata alla buona volontà di qualche sindacalista più responsabile o a scaltri e improvvisati intermediari di “conoscenze” e manodopera. E poi nessuna misura di sostegno o accompagnamento. Nessuna facilitazione, neanche burocratica.

Riuscirà adesso questa nuova Basilicata a cambiare rotta per sostenere e accompagnare il comparto automotive nella salita produttiva della prima vettura dell’era Fiat Chrysler Automobiles? Il tempo e il modo per recuperare ancora c’è. Ma bisogna muoversi.

www.basilicatapost.it

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