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Negli anni ’90 era il bomber di scorta della Juventus; ora Michele Padovano, 45 anni, che ha esordito nelle file del Cosenza, rischia di passare un lungo periodo in carcere. Il Tribunale di Torino lo ha condannato a otto anni e otto mesi di reclusione, con l’accusa di traffico internazionale di stupefacenti.
«Una sentenza clamorosamente ingiusta – dice lui, preannunciando appello – ma continuerò la battaglia per dimostrare la mia innocenza». Padovano è stato assolto, con la formula «per non avere commesso il fatto», dall’accusa formulata dal pm Antonio Rinaudo (che aveva chiesto una condanna a 24 anni) di essere stato il finanziatore dell’organizzazione internazionale che trasportava tonnellate di hashish dalla Spagna all’Italia all’interno di tir che, sulla carta, avrebbero dovuto trasportare soltanto arance.
Per il Tribunale, l’ex bomber è stato soltanto un componente dell’associazione. «Ma non mi basta – dice l’ex calciatore, subito dopo la lettura della sentenza – perchè io non ho fatto nulla se non fidarmi di un amico d’infanzia, al quale avevo prestato dei soldi». Si tratta di Luca Mosole, 45 anni, che con la stessa sentenza è stato condannato a 15 anni di reclusione, sempre per traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Era proprio con Mosole che Padovano parlava a telefono di consegne di cavalli, senza sapere che gli investigatori lo stavano intercettando. Secondo il pm si trattava con certezza dei carichi di droga dell’organizzazione.

SU FACEBOOK, IL PADRE DI MARK IULIANO: «RIFORNIVA MIO FIGLIO»
La notizia della condanna di Michele Padovano è stata commentata, su Facebook e senza mezzi termini, da Alfredo Iuliano, il padre di Mark Iuliano, l’ex difensore della Juventus e della nazionale: «Padovano è colpevole: riforniva anche i calciatori della Juventus, tra cui mio figlio. È stato devastante» ha scritto ieri il padre del calciatore cosentino che dopo aver vissuto cinque spettacolari stagioni con la Vecchia Signora nel 2008 risultò positivo alla cocaina e venne squalificato per due anni.
«Mio figlio stimava Padovano – ha scritto ancora il padre del calciatore che è tornato a giocare in prima categoria – anche perché quando era bambino era il suo idolo nel Cosenza. Quando gli fece l’assist in coppa campioni e Padovano segnò di testa, Mark toccò il settimo cielo. Il suo affetto era purtroppo mal riposto. Ma sono decine e decine – continua nei suoi messaggi Alfredo Iuliano – i calciatori vittime dello spaccio di Padovano».
«E resta ancora aperta la sua responsabilità sul caso Bergamini» ha aggiunto, infine, Iuliano.
Sicuramente le sue, sono parole che vengono dal cuore di un padre amareggiato per la sorte del figlio e che sono da dimostrare, come il riferimento alla vicenda di Denis Bergamini, compagno di squadra di Padovano nel Cosenza, morto il 18 novembre 1989. Ma una cosa è già certa: all’epoca i due calciatori erano amici fraterni; condividevano la stanza e il tempo libero. Ed è Padovano una delle ultime persone con cui Bergamini si mostrò preoccupato, incupito nel viso dopo una telefonata ricevuta nella stanza del motel Agip dove il Cosenza era in ritiro; è stato l’ultimo con cui parlò prima di mettersi in macchina con la ex fidanzata e finire morto sulla strada battuta dai traffici calabro-pugliesi, all’altezza di Roseto Capo Spulico.

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