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POTENZA – «Lascia stare se c’è o non c’è (.) sai quanto mi importa (…) Se non se ne trova acqua si chiude il capitolo». Forse se non fosse stato per i carabinieri nessuno avrebbe cercato con attenzione, tanto all’ex direttore dell’Arpab, Vincenzo Sigillito, non «importava», e il suo principale referente politico, l’assessore Erminio Restaino, gli aveva dato direttive molto chiare: «Lo dobbiamo risolvere, uaglio’». Senza se e senza ma. Invece i militari c’erano eccome dopo la denuncia di una signora residente poco più a valle che era molto preoccupata per quello che vedeva, e hanno scoperto che alcuni dei piezometri, quei pozzetti piantati in profondità sotto la superficie della discarica di Pallareta per vagliare la presenza di una falda acquifera attiva e di eventuali infiltrazioni di percolato, a un certo punto sarebbero stati cementati. Gli stessi dirigenti dell’Acta che gestivano l’impianto per conto del Comune – e affermavano che lì sotto non vi fosse altro che qualche sacca di liquido stagnante – anni prima avevano pubblicato uno studio sul monitoraggio delle infiltrazioni nella falda sottostante. Inoltre un’inclinometro, che non è un pozzetto ma un’altro strumento che pesca in profondità nella pancia della discarica si era riempito di «porcherie», come rivela lo stesso Sigillito al sindaco Santarsiero. «L’unico problema, eh! L’unico problema dipende da quando ci sono gli stupidi». Lo aveva cercato di tranquillizzare qualche giorno prima. «Mi sono permesso di dire che fanno, che fanno sbocciare i problemi, perchè questo è un problema nato per stupidità». Invece no. A meno che «gli stupidi» non abbiano affollato di colpo tutti gli uffici della Regione, della Provincia, le caserme dei carabinieri e persino la stessa Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. Così il progetto di ampliamento della discarica di Pallareta è diventato un caso ambientale, politico e infine giudiziario.
Quella ricostruita dai militari del noe attorno all’impianto, che avrebbe dovuto risolvere gran parte dei problemi legati allo smaltimento dei rifiuti di Potenza e dei comuni vicini, è una vicenda in cui si affacciano con forza interessi che non hanno nulla a che vedere con le regole di una pubblica amministrazione sana. Gli investigatori del reparto operativo hanno intercettato il sindaco che si sfoga con il presidente della Regione Vito De Filippo e sospetta che l’opposizione dell’assessore all’ambiente dell’epoca, Vincenzo Santochirico, e del presidente della Provincia Piero Lacorazza, sia dettata da motivi politici legati al prossimo congresso del Pd per l’elezione del segretario regionale, o peggio ancora. Si parla anche di altre discariche che non produrrebbero percolato, o ne produrrebbero “poco e niente”, e di percorsi privilegiati per i rifiuti verso un impianto piuttosto che un’altro. C’è la paura del commissariamento da parte del governo e degli effetti che avrebbe sulle consultazioni per il rinnovo del consiglio di via Anzio. Su questo, come sul filone “raccomandazioni” all’interno dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente, il lavoro degli investigatori non è ancora finito.
Leo Amato

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