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Sono in 14, fra esperti, docenti universitari, ricercatori. Dalla Grecia hanno scelto Matera per trascorrere tre giorni di studio e confronto sulla cultura abitativa rupestre, partendo dal progetto Therasia, dal nome di un’isola delle Cicladi di fronte a Santorini.

L’ìniziativa (che rientra nell’ambito delle ricerche sulla cultura rupestre nel Mediterraneo, ed è stata promossa da Onyx Ambiente e Università di Atene, Salonicco e  Creta coordinate dall’architetto Caterina Carocci) ha consentito agli ospiti ellenici di approfondire i punti in comune fra culture solo apparentemente diverse ma ugualmente in grado di porre le fondamenta per le civiltà nate nei secoli successivi.

La ricerca multidisciplinare riguarda storia, archeologia, rilievo archeologico di superficie, geologia, ecosistema, sistemi insediativi, architettura e antropologia sociale.

In questo senso, Matera presenta numerosi punti in comune attraverso l’evoluzione della storia dei Sassi e dei numerosi  insediamenti rupestri sparsi nel suo territorio.

Per tre giorni, dunque, gli elementi comuni, ma anche lo sguardo lungo su ciò che sono stati e su ciò che vogliono essere gli antichi rioni di tufo, è passato attraverso un filo rosso logico, che è partito dalla Grecia per giungere in  Italia. Dallo studio sull’isola di Therasia infatti, in cui gli stili di vita sono rimasti quasi intatti nel tempo, si è giunti ad una profonda riflessione sui cambiamenti e sullo sviluppo che riguardano comunità come quelle di Matera, in cui il passato può ancora essere ponte verso il futuro, a condizione che se ne interpretino in modo corretto i segni lasciati dal tempo.

Spiega Irsi Tzachili, archeologa e docente di archeologia all’Università di Creta per cui coordina il progetto Therasia: «Il passato può diventare futuro, nel senso intellettuale del termine. Lo stile di vita di Therasia – dice – è molto simile a quello delle civiltà rupestri che ci sono qui. A Matera stiamo scoprendo sorprese su sorprese, con numerosi punti in comune con l’isola greca. Abbiamo individuato un approccio non solo turistico ma anche storico; le popolazioni che vivono in queste realtà, da Matera a Therasia, sono caretterizzate dal senso della solidarietà, della generosità, da caratteristiche che giungono dal modo in cui sono stati capaci di riadattare la loro vita alla modernità. E’ una sorta di sfida, ma pian piano le comunità sono state capaci di riutilizzare i loro spazi».

Centro nevralgico delle attività è stato la Casa Cava, straordinario esempio di architettura rupestre nella quale i partecipanti al progetto hanno potuto analizzare le modalità di recupero che hanno condotto alla apertura al pubblico.

La tre giorni materana era cominciata mercoledì 30 aprile con un incontro con il presidente dell’Ente Parco della Murgia, Pier Francesco Pellecchia e con Franco Caputo del Centro di educazione ambientale di Montescaglioso.

Giovedì il presidente dell’Onyx jazz club, Gigi Esposito insieme ad Antonio Nicoletti, avevano descritto le attività dell’associazione e i passaggi che hanno condotto negli anni alla realizzazione della Casa Cava, su un’idea del compianto architetto Tony Strammiello. 

Il legame con il territorio che da 25 anni caratterizza le iniziative dell’Onyx jazz club è stato illustrato da Esposito che ha parlato di rassegne come il Gezziamoci dove, proprio i luoghi più suggestivi della città diventano teatri naturali per concerti e jam session.

Antonio Nicoletti ha, invece, concentrato il suo intervento partendo da una frase di Josè Ortega secondo cui le radici di un popolo devono essere il timone di un nuovo futuro.  Nicoletti ha sottolineato tre paradossi che hanno segnato la vicenda che ha condotto alla realizzazione di Casa Cava e, più in generale i meccanismi che consentono la realizzazione di strutture destinate ad attiovità, da quelle culturali ad altre differenti.

Innanzitutto il dilemma della gestione economica, passaggio fondamentale per ogni progetto di questo livello, cui segue l’indice di redditività e creatività culturale che deve sempre essere preso in considerazione così come  il tema dei tempi tecnici, legati soprattutto alla burocrazia.

«La Casa Cava – ha detto ancora Nicoletti – è la rappresentazione di ciò che la città vuole essere. Nel nostro caso è importante la collaborazione, il lavoro d’insieme come conferma la recente esperienza che l’Onyx ha avviato con la Consulta degli studenti, assegnando loro uno spazio nella struttura dove poter studiare un giorno alla settimana». Fondamentale lo slancio fornito dal progetto della Regione, Visioni  urbane, che ha consentito di dare man mano identità forte e concreta all’attività messa in atto dall’associazione (che nella Casa Cava opera con un’Associazione temporanea d’impresa insieme a Diotima, Quadrum, Agenzia di viaggi Lionetti e Residence S. Pietro Barisano).

Suggestiva e molto interessante la relazione di Caterina Carocci, architetto e studiosa. Dalle sue ricerche, nel 199, e da quelle del prof. Antonino Giuffrè dell’Università La Sapienza è nato il “Codice di grafica”, una analisi scientifica che riguarda le strutture abitative dei Sassi sotto il profilo architettonico e sociale ma che fornisce anche uno sguardo ampio e disincantato sulla situazione di questo unicum storico e architettonico. 

«La prima volta che ho visitato i Sassi – ha spiegato agli interlocutori greci – dall’affaccio di Palazzo Lanfranchi ho visto solo il buio. A quell’epoca non c’era altro e ricordo che durante i nostri studi, in quella zona si sentiva solo la musica che proveniva dal Conservatorio». La Carocci ha poi analizzato le strutture-tipo delle abitazioni degli antichi rioni, analizzate nel corso della sua ricerca degli anni ’90: l’evoluzione di quelle costruzioni è stata studiata a lungo lasciando emergere un’architettura del tutto particolare. “Matera – ha aggiunto – è la città in cui ho sviluppato le mie idee che ancora oggi spiego durante le mie lezioni».

L’attenzione all’architettura, ma soprattutto alle tecniche di restauro e conservazione,  si è concentrata ieri su un cantiere nei Sassi che gli ospiti greci hanno visitato. Numerose le domande cui sono stati sottoposti i tecnici al lavoro e che hanno riguardato l’suo dei materiali, le tecniche di riconversione e destinazione d’uso.

Dal sopralluogo materano, dunque, potrebbero emergere elementi per creare una vera e propria rete tra culture rupestri in grado di mettere a sistema le proprie esperienze, confrontandole per giungere ad un’attenta analisi delle trasformazioni ma soprattutto della capacità di tutela e valorizzazione di luoghi la cui eredità culturale e storica non può essere persa.

a.ciervo@luedi.it

 

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