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MATERA – Il giorno della sottoscrizione della “Carta di Milano”, avvenuta venerdì a Matera, per lo sviluppo di un’agricoltura sostenibile, non si può non ricordare che il manifesto programmatico, che rappresenterà l’eredità “morale” di Expo 2015, prende le mosse ed ha un’eredità storica nella “Carta di Matera”, che la Cia ha lanciato proprio nella città dei Sassi in occasione della Festa nazionale dell’Agricoltura 2010.

«C’è un filo storico anche con Matera Capitale Europea 2019 -fanno sapere dalla Confederazione italiana agricoltura- nell’orgoglio del mondo contadino lucano, che ha saputo conservare le proprie case nei Sassi e, da sempre, è legato al patrimonio artistico-monumentale patrimonio dell’Unesco, sino a superare il retorico e vecchio clichè di mondo contadino simbolo di arretratezza. Scegliemmo “il Carro-vascello” come immagine Festa 2010, per rifarci alla tradizione materana della Festa della Bruna, racchiudendo tutti i simboli della ricca e variegata produzione agricola dei paesi che sul Mediterraneo affacciano, proponendosi come il gioioso e propiziatorio emblema di un importante evento.

La festa delle tre “M” – secondo uno fortunato slogan coniato all’epoca – Matera, Mezzogiorno e Mediterraneo. Un evento che ha lasciato traccia nella Carta di Matera. Della Carta di Matera si discute ancora, su nostra iniziativa, all’Expo.

Al centro abbiamo posto la distintività della produzione agroalimentare italiana che ha pochi eguali nel mondo. La Dieta mediterranea è stata dichiarata patrimonio dell’Unesco, proprio come i Sassi. Sono note le qualità, le tipicità ed i valori con i quali i prodotti agroalimentari italiani si presentano ai consumatori, al punto che il mercato dei prodotti simili e delle contraffazioni del “made in italy” agroalimentare è divenuto un affare di oltre 60 miliardi di euro l’anno.
Occorre salvaguardare e conservare questa tradizione -ribadiscono dalla Cia- organizzarla con adeguate forme di tutela e farne strumento di sviluppo economico per imprese e comunità locali.

In particolare, è importante il legame fra territorio, consuetudini alimentari e tradizioni enogastronomiche: tutto ciò offre identità e sviluppo alle comunità locali. Sono necessarie iniziative di promozione della vendita diretta dei prodotti dell’azienda agricola, promozione delle “strade enogastronomiche” collegate ai prodotti tipici ed ai vini di qualità, valorizzazione turistica attraverso le tipicità agroalimentari, i Musei del cibo e della tradizione contadina, una ristorazione che si richiama alle ricette e prodotti locali, anche nelle mense pubbliche, l’ospitalità turistica alberghiera che valorizza le tradizioni alimentari.

Rispetto alle nuove sfide che si prospettano, ancora una volta si rivela determinante il valore multifunzionale dell’agricoltura, che oltre ad assicurare la produzione di alimenti, svolge un ruolo cruciale nella produzione di beni di pubblica utilità, come l’affermazione e la salvaguardia della qualità dei paesaggi, il mantenimento della biodiversità, la stabilità del clima e la capacità di mitigare disastri naturali quali inondazioni, siccità e incendi”. Ma soprattutto “la sfida enorme che si pone di fronte all’umanità e che soprattutto gli agricoltori del pianeta dovranno contribuire a vincere, è quella di usare meno risorse, per produrre di più, garantendo la sicurezza alimentare mondiale” e in questa sfida “sarà imprescindibile il ruolo dell’innovazione e della ricerca per contrastare e gestire i cambiamenti climatici, per utilizzare tecniche produttive più sostenibili, diminuendo l’impatto delle proprie attività, preservando la qualità e la fertilità del suolo per le future generazioni e utilizzando al meglio le acque” e anche “per approfondire meglio (scientificamente ed eticamente) le conseguenze del ricorso alle modificazioni genetiche”».

L’agricoltura non insegna solo questo: L’Italia, con il suo diversificato territorio, le sue mille storie e culture, sfata sul piano produttivo l’idea che l’agricoltura legata alle filiere dei grandi numeri sia più produttiva di quella delle maglie strette. Infatti essa o è estensiva (modelli nord americani) con basse rese e grandi superfici o intensiva, con forti input chimico ed energetici (modelli europei sempre più insostenibili). Anche per questi obiettivi, per la Cia lucana l’impegno successivo a Capitale Europea della Cultura 2019 è quello di Capitale della Dieta Mediterranea.

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