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«Le Langhe, la terra che fu di Calvino e Fenoglio, si ribella all’industria del caporalato. Una bottiglia di Barolo o di Dolcetto, che possono costare anche duecento euro, vengono prodotte da persone schiavizzate retribuite 3 euro all’ora. 66 milioni di bottiglie all’anno, il sessanta per cento esportato. Accade in Piemonte quello che succede in Puglia e Basilicata per il pomodoro, le fragole e in generale per l’ortofrutta oltre alle badanti»: è la denuncia di Pietro Simonetti del coordinamento migranti Regione Basilicata.

Simonetti ricorda che «nelle Langhe c’è un moto di ribellione dei produttori che vedono, di fronte alle vicende di sfruttamento dei migranti, un colpo all’immagine del prodotto ed al comportamento delle imprese. Di fronte allo scandalo disvelato da alcuni imprenditori che vogliono difendere la tradizione di civiltà di quelle terre – aggiunge – è iniziata l’attività per colpire la zona nera del connubio caporali-finte cooperative-imprese. Si tratta di una fenomeno importante che contagerà l’intero Paese”.

La Regione ha deciso, dopo il progetto “Luci a Boreano” – nelle prossime settimane saranno aperti i campi e sgomberata l’area abusiva – di affrontare la questione metapontina con l’estensione della prenotazione per lavoratori e datori di lavoro.

«Come nelle Langhe, l’Italia da questo versante è uguale, il salario è identico – commenta Simonetti -. C’è una diversità in Piemonte: la finta coop prende 4 euro al giorno per ogni migrante su 8 pagate dal coltivatore, mentre nel Metapontino 10 euro a testa per caporale. Nel 2014 sono stati utilizzati (dati ufficiali) circa 35mila lavoratrici, in gran parte immigrate residenti in Calabria, Puglia e Lucania: un esteso mercato dello sfruttamento a sua volta inglobato nella rete della distribuzione nazionale che spreme i lavoratori e condiziona i produttori».

Secondo Simonetti «adesso che si è aperto lo squarcio del disvelamento nelle aree del Barolo a seguire arriveranno tutte le altre aree: dal Trentino alla Sicilia, mentre Rosarno è già nota. Adesso – conclude – ci toccherà lavorare, con la opportuna collaborazione delle parti sociali per tutelare persone e prodotti del lavoro. In molte aree europee non vengono piu acquistati prodotti che sono il risultato dello sfruttamento della manodopera e originati dal controllo della criminalità. Nei giorni scorsi su 27 imprese controllate da carabinieri e ministero del Lavoro nel Metapontino oltre 200 immigrati lavoravano in nero».

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