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POTENZA – Mobilità, traffico, aree verdi e spazi pubblici, luoghi di aggregazione. Sarebbero questi i punti su cui intervenire per “rammendare” Poggio tre Galli, uno dei quartieri più popolosi di Potenza ma frammentario per la distribuzione degli abitanti e i collegamenti nel quartiere e tra questo e il resto della città. E’ quanto emerso ieri al terzo incontro del progetto Cast (Cittadinanza attiva per lo sviluppo sostenibile del territorio), laboratorio di urbanistica partecipata promosso dalle associazioni “Culture e territori” e “Art park” di Potenza, dal Circolo “La scaletta” di Matera e da “Atelier mob” di Lisbona, cofinanziato dalla Regione Basilicata nell’ambito del programma “Visioni urbane” e che prevede una serie di incontri e attività che hanno come oggetto di studio Poggio Tre Galli.

Dopo i primi due incontri di confronto e raccolta di dati delle associazioni e del comitato di quartiere attraverso il diretto coinvolgimento dei cittadini tramite questionari e i sopralluoghi di professionisti tra architetti, ingegneri e agronomi, la fotografia che emerge a metà del progetto è quella di un quartiere modello rispetto alle criticità che presenta l’intera città. Prima fra tutti la mobilità.

 Come sottolineato da Angelo Luongo, responsabile di questo settore d’indagine, i problemi sono quelli complessivi del sistema trasporti. L’uso smoderato delle automobili (98 utenti su 100), una mancanza di pianificazione, pensiline inadeguate, l’eccessivo passaggio di autobus urbani ed extraurbani.

Disagi confermati anche dal Comitato di quartiere che aggiunge la questione sicurezza, sia stradale per i frequenti incidenti – proprio ieri mattina pare sia stata investita una persona – che sociale, denunciando episodi di spaccio.

Sulla pedonalità l’analisi dell’architetto Daniela Galasso, fa emergere una carenza in termini di pulizia dei marciapiedi e di discontinuità, con aree del tutto sprovviste di infrastrutture pedonali, compresa la segnaletica poco visibile e l’insufficiente illuminazione. Piccoli disagi quotidiani che segnano l’identità di chi abita i luoghi più di quanto immaginiamo:  «Non riconoscendo gli spazi, perdendoci – dice Galasso – non diamo loro identità». Così gli spazi pubblici diventano “non luoghi”. Ne sono esempi piazza della Costituzione o piazzale delle Regioni, che della piazza non hanno nulla: enormi distese di cemento adibite a parcheggio. La cementificazione, quella già avvenuta e quella in programma rispetto al piano regolatore, è un altro dato. In questo senso le aree verdi, dal Parco dell’Europa unita ad altre macchie di biodiversità incolte e pertanto percepite come abbandonate e degradate dai residenti, risultano preziose. Sarebbe questa una delle potenzialità emerse dai sopralluoghi degli architetti Graziadei e Sassano, insieme alla grandezza delle strade.

Il Parco, specialmente, rappresenta anche l’unico luogo di aggregazione del quartiere, superando anche la parrocchia che comunque resta un punto di riferimento. Poi c’è il così detto Centro studi, da trasformare in un luogo in cui insistono gli istituti scolastici –  «isolati» secondo alcuni insegnanti portavoce nel laboratorio  –  all’altezza del nome e le strutture sportive, alcune da recuperare.

Prossimo step sarà, l’incontro del 15 gennaio, tradurre l’albero dei problemi in albero delle opportunità, definendo strategie e proposte.

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