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E’ Maurizio Saliva il super perito nominato dal giudice Lucio Setola come consulente nel processo ai 3 cardiochirurghi del San Carlo accusati della morte di una paziente, Elisa Presta, durante un trapianto di valvole aortiche.

Saliva avrà il compito di ri-analizzare tutti gli atti già compiuti dai consulenti incaricati dalla Procura e dalle difese. Più quanto emergerà dal dibattimento che ieri mattina è entrato nel vivo con la deposizione del primo dei testimoni dell’accusa.

Di fronte al giudice si è seduto il capo della mobile di Potenza, Carlo Pagano, che ha spiegato la genesi del “caso Presta”, a partire dagli esposti anonimi recapitati in Questura tra novembre e dicembre dell’anno scorso. Le indagini svolte. Le contraddizioni, emerse quasi subito, tra i dati del registro operatorio e i racconti dei presenti. E le conferme arrivate anche di recente leggendo i tabulati telefonici del primario Nicola Marraudino, che ancora alle 8.45 del 28 maggio 2013 risultava impegnato in una conversazione di carattere privato. Mentre in sala operatoria le cose cominciavano a mettersi davvero male.

Rispondendo alle domande del pm Annagloria Piccininni il vicequestore ha ripercorso anche quanto accaduto a fine agosto con la pubblicazione di un audio shock in cui Michele Cavone, il secondo cardiochirurgo imputato per omicidio colposo, confessava di aver lasciato «ammazzare» la paziente. Puntando il dito contro Marraudino.

Pagano ha spiegato di aver acquisito copia di quell’audio nella redazione di Basilicata24, ma di essersi fermato di fronte al segreto professionale opposto dalla direttrice, Giusi Cavallo, alla domanda sulla provenienza del file. Come pure degli altri consegnati spontaneamente in seguito, in cui alcuni medici del reparto di cardiochirurgia commentavano l’accaduto. Per questo pm e difese hanno già annunciato di voler sentire anche la giornalista, che di fronte al giudice potrebbe essere costretta a rispondere.

Quanto invece alla provenienza della registrazioni è toccato alla difesa di Cavone chiedere chiarimenti. Un dato fondamentale per decidere se possono essere utilizzate o meno all’interno del processo. Prima ancora di qualsiasi valutazione sulla loro attendibilità, che potrebbe aggravare non poco la posizione di Marraudino, a cui Cavone addebitava la morte della paziente per aver effettuato una vera e propria manovra “killer”.

A domanda dell’avvocato Cimadomo su chi fosse l’autore delle registrazioni il capo della mobile ha risposto di essere in grado di affermarlo «con elevata probabilità». Citando le parole utilizzate in una nota redatta per la Procura. Mentre si è detto quasi certo che sia stata comunque registrata da uno dei presenti, e ha escluso che qualcuno possa aver piazzato un registratore per recuperarlo in un secondo momento. Quindi secondo un «ragionamento logico» il campo andrebbe ristretto all’unica voce presente in tutte e quattro le registrazioni, che è anche quella più vicina al microfono. Una voce che Pagano ha riconosciuto quasi subito in quella del dottor Faustino Saponara, che è anche la prima persona informata sui fatti convocata in Questura dopo l’arrivo dell’esposto anonimo.

«Gli agenti che si stavano occupando del caso lo conoscevano, per questo hanno pensato di chiamarlo subito». Così il capo della mobile di Potenza ha risposto sul punto alla difesa di Marraudino.

D’altra parte, non si è sbilanciato rispetto all’ipotesi di una terza persona, che sarebbe stata presente durante tutte le conversazioni registrate, restando sempre in assoluto silenzio. Anche se in almeno una di queste sembrerebbe più difficile. Ma se mai c’è stata, ha aggiunto, «doveva essere molto vicina a Saponara».

L’udienza è stata rinviata al 24 marzo quando verranno sentiti anche alcuni dei medici identificati attraverso quelle voci registrate, che potranno chiarire anche questo aspetto.
Poi verrà il turno dei primi testimoni di quanto accaduto realmente il 28 maggio del 2013, quando è morta Elisa Presta.
L’accusa nei confronti di Marraudino, Cavone e Galatti, resta di omicidio colposo in concorso, perché «nonostante l’avvenuto decesso» della paziente, a causa della lesione di una vena durante l’apertura dello sterno e di un maldestro tentativo di ripararla, «l’intervento veniva continuato e portato a termine, con l’inutile e programmata sostituzione della valvola e il successivo trasferimento del paziente già morto in terapia intensiva».

Una messinscena – secondo il pm Annagloria Piccininni – necessaria per «alterare quanto realmente accaduto», e la presenza di Galatti in sala operatoria in violazione alle norme sull’utilizzo dei medici che smontano dal turno di notte. Per questo Marraudino, che «sarebbe stato considerato direttamente responsabile dell’accaduto (…) anche in una prospettiva di eventuali richieste risarcitorie», è accusato anche di falso in atto pubblico.

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