X
<
>

Condividi:
2 minuti per la lettura

ERA figlio di un personaggio epico, cantato da Corrado Alvaro nei suoi scritti. Ed era fratello di uno dei più acuti intellettuali calabresi degli ultimi decenni. Ma soprattutto lui, Francesco Delfino, era l’uomo dei misteri italiani. 

L’ex generale dei carabinieri, controversa figura di 40 anni di storia del Paese, è morto martedì a Santa Marinella, in provincia di Roma. Avrebbe compiuto 78 anni il 27 settembre ed era originario di Platì, in provincia di Reggio Calabria. Dall’Arma era stato degradato dopo la condanna per truffa aggravata riportata in via definitiva nel processo legato alla vicenda del sequestro dell’imprenditore bresciano Giuseppe Soffiantini, nel quale era accusato di essersi fatto consegnare dalla famiglia dell’uomo rapito 800 milioni che sarebbero dovuti servire per la liberazione.

Francesco Delfino era finito alla sbarra anche in un altro processo, quello legato alla strage di piazza della Loggia. Nel 1974, infatti, era il comandante del Nucleo investigativo dei carabinieri di Brescia: per lui l’accusa era di aver saputo della strage imminente e di averla assecondata. Ma dal processo l’ex generale è uscito completamente assolto nell’aprile 2012. Il suo nome, però, compare anche in diverse altre vicende oscure. Fu lui stesso a dichiarare di aver fatto parte dei servizi segreti dal 1978 al 1987, con ruoli di vertice per tutta l’area del centro Europa. E in quella veste fu tra i primi a ispezionare il luogo della morte del banchiere Calvi a Londra. 

Un ruolo Delfino lo ebbe anche nelle catture dei faccendieri Flavio Carboni e Francesco Pazienza. Poi, mentre si trovava in Piemonte, gestì i primi interrogatori di Balduccio Di Maggio, che si costituì a Novara poi iniziò a collaborare con la giustizia, fino a fornire le indicazioni decisive per la cattura di Totò Riina.

Finì però nel fango la brillante carriera del ragazzo calabrese. Lui e suo fratello Antonio – a lungo preside nella Locride, giornalista scrittore e studioso della Calabria – erano i figli di massaro Peppe, il maresciallo dei carabinieri che andava a caccia di latitanti sull’Aspromonte a dorso di mulo e che Corrado Alvaro ha consegnato alla storia. Francesco studiò al liceo di Locri, poi all’università a Messina e la scuola allievi sottufficiali dell’Arma. Fino a quelle pagine oscure delle vicende italiane.

Andrea gualtieri

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE