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SIDERNO (RC) – Prima di tutto i diritti dell’uomo, la Corte di Cassazione concede di fatto idomiciliari al boss Filiberto Maisano, 81 anni, è malato. Naturalemente l’ultima parola spetta al Tribunale della Libertà di Reggio Calabria. Per laSuprema Corte le condizioni di Maisano non sono compatibili con la detenzione in carcere e con il regime di 41bis a cui era sottoposto dal 2010. I giudici della Cassazione affermano il principio secondo il quale diritto alla salute del detenuto è prevalente sulle esigenze di sicurezza.  Una pronuncia destinata a fare giurisprudenza e che potrebbe aprire molti nuovi scenari, anche per casi eclatanti. Adesso la palla ripassa al Tribunale della libertà di Reggio Calabria che dovrà riaffrontare la situazione di Maisano. 

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NO A PENE INUMANE – La Corte di Cassazione nel suo provvedimento ha sottolineato che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità” e che anche quando si è in presenza di esponenti di spicco della criminalità, è necessario equilibrare “le esigenze di giustizia, quelle di tutela sociale con i diritti individuali riconosciuti dalla Costituzione”. Dunque per Maisano adesso si stanno aprendo le porte del carcere e sconterà la sua pena tra le mura di casa dove potrà essere curato adeguatamente. 

FIGURA STORICA DELLE ‘NDRINE – Filiberto Maisano di Palizzi era stato condannato a 10 anni e 8 mesi nell’ambito del processo “Crimine”, ed è considerato una delle figure storiche della ‘ndrangheta reggina. Da sempre vicino al clan Morabito di Africo era stato coinvolto e più volte citato in inchieste storiche sulla criminalità nel basso jonio. Già lo scorso anno i suoi legali avevano fatto appello per chiedere la misura alternativa della detenzione domiciliare per gravi motivi di salute, ma il Tribunale di Sorveglianza aveva risposto che le cure che servivano al boss sarebbero potute essere prestate anche in carcere. Adesso la Cassazione ribalta tutto e lancia un messaggio chiaro sull’indirizzo da seguire, probabilmente non solo per Maisano. 

 

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