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POTENZA – «Io non hai mai avuto nulla da spartire con la chiesa della Santissima Trinità di Potenza. In circa dieci anni ho solamente celebrato la messa, come sostituto, otto volte». Lo ha detto nel pomeriggio di ieri don Pierluigi Vignola, citato come testimone della difesa, nel processo sul ritrovamento del cadavere di Elisa Claps. Il sacerdote – che da qualche tempo risiede in Germania – ha aggiunto di avere avuto con don Mimì Sabia, lo storico parroco della Trinità, morto nel 2008, «un rapporto normale, come quello degli altri confratelli che lo sostituivano per celebrare la messa» e «di non sapere come venisse gestita la Chiesa».
Dopo la testimonianza di don Vignola, è stato il turno di una delle due imputate. Annalisa Lo Vito ha ricostruito anche le circostanze che la videro coinvolta il 16 e il 17 marzo 2010, giorno del ritrovamento del cadavere della studentessa potentina. Dopo il ritrovamento del cadavere di Elisa Claps, Annalisa Lovito – una delle due donne delle pulizie della chiesa della Trinità, dove il corpo della ragazza fu ritrovato il 17 marzo 2010, a 17 anni dalla scomparsa – non ha più lavorato per la Curia («che mi pagava in nero») perché ce l’aveva «con i sacerdoti, in particolare con il viceparroco don Wagno, che «ci hanno messo in mezzo, incolpandoci di aver visto il cadavere. Ma noi non l’abbiamo mai visto». Questo uno dei passaggi della testimonianza della donna, imputata insieme alla madre, Margherita Santarsiero, per false dichiarazioni al pubblico ministero. Davanti al giudice onorario Marina Rizzo, e rispondendo alle domande del pm Laura Triassi e dell’avvocato della famiglia Claps, Giuliana Scarpetta, la donna – difesa dall’avvocato Maria Bamundo – ha detto di aver cominciato a lavorare nel 2009 nella Chiesa della Trinità per le pulizie: «Il 16 marzo del 2010 – ha aggiunto – il giorno prima della scoperta del cadavere di Elisa Claps, don Ambrogio mi disse che il giorno successivo sarebbe dovuto partire e mi mostrò il cassetto, che era chiuso a chiave, dove erano custodite le chiavi del sottotetto, per poterle consegnare così agli operai che la mattina successiva avrebbero dovuto cominciare i lavori». Furono poi proprio gli operai – secondo la ricostruzione degli investigatori, da sempre definita come una «messinscena» dalla famiglia Claps – a scoprire il cadavere e ad avvertire la Polizia.
In particolare, la donna ha detto «di aver parlato la mattina del 17 marzo con un operaio che però – ha sottolineato – non ho mai visto testimoniare durante questo processo. Il pomeriggio, invece, intorno alle 15, ho ricevuto una telefonata di don Wagno (il viceparroco della Trinità) che mi chiedeva di portargli un panino, avvisandomi che la sera non sarebbero state celebrate messe. Arrivata in chiesa, quando stavo per aprire con le chiavi in mio possesso, sono stata fermata da un carabiniere che mi ha detto che avevano probabilmente scoperto il cadavere di Elisa Claps». Lo Vito, inoltre, ha più volte ribadito « di non essere mai salita sul terrazzo né di essere mai andata nel sottotetto: «io e mia madre – ha concluso – non abbiamo mai visto il cadavere di Elisa Claps e non so spiegare perché i sacerdoti, in particolare don Wagno, «ci hanno messo in mezzo, incolpandoci di qualcosa che non abbiamo mai fatto».
La prossima udienza del processo si terrà il prossimo 18 maggio.

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