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ERA la colonna portante della nostra redazione, il caposquadra in pectore, perchè sapeva sempre mettere a disposizione di tutti le sue qualità di uomo pragmatico.

Lo faceva con umiltà e determinazione, proprio come un padre. Sì, perchè Renato non era solo un collega, era un amico, un fratello, un genitore per tutti noi. Affabile, gioviale, compagnone sempre con il sorriso, anche quando non aveva un motivo particolare per gioire, oppure soffriva per i tanti pensieri della vita quotidiana.

Aziendalista convinto fin da primo giorno, quando insieme realizzammo il numero zero del Quotidiano della Basilicata. Con ognuno di noi aveva un rapporto speciale e unico, riusciva ad interagire smussando i caratteri più spigolosi ed ammortizzando i colpi, che immancabilmente scaturiscono dalle dinamiche personali, quando si lavora gomito a gomito.

Renato sembrava irruento e ingombrante, ma non lo era affatto, nonostante la sua importante fisicità. Spesso era in grado di leggere sui nostri volti una sofferenza fisica o interiore e mi chiedeva senza remore: “Antò, tutto a posto? C’è qualcosa che non va? Se posso esserti utile dimmelo”.

Proprio questa sensibilità lo rendeva unico, facendoci sentire sicuri, perchè in caso di necessità sapevamo di poterci appoggiare su di una spalla forte, sempre lì ad aspettarci. Questo accadeva durante il lavoro quotidiano, ma anche nelle faccende di tutti i giorni, perchè quando Renato aveva qualcosa per sè, pensava anche agli altri; a chi gli stava vicino ogni giorno, dai suoi figli di sangue a quelli di redazione. Sì, perchè noi ultimamente lo canzonavamo per l’intercalare “a fra’”, che usava parlando con colleghi e amici.

Per noi un vezzo linguistico, per lui era il modo di far sentire ai propri interlocutori il suo cuore grande, l’affetto e la condivisione. Poi c’erano le sue mitiche interviste e il motto “correttezza mia e tua”, coniato da noi e sposato meravigliosamente dal suo sorriso, quando durante la telefonata riusciva a trovare un piccolo varco per rifilarlo al suo interlocutore. L’intervistato non si accorgeva del motto, ma in redazione scattava la risata collettiva e lui a seguirci sotto i baffi.

Un grande amico, che da qualche anno era stato incaricato dall’azienda anche di risolvere tutti i problemi logistici della redazione. Lo faceva con scrupolo, sobbarcandosi spesso le nostre impazienze ed i bronci.

Ci confidava tante cose il caro Renato, compresi i suoi recenti problemi di salute, che aveva affrontato con determinazione e successo. Negli ultimi mesi stava meglio, aveva vinto contro il diabete, ma il suo cuore grande non ha retto. Addio caro Renato, resterai nei nostri cuori per sempre.

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