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L’altra sera me ne se sono andato alla sala Inguscio della Regione – a proposito, ma chi è ‘sto Inguscio: un nome meno “cuscio” non lo si poteva trovare? C’era la presentazione del volume “Basilicata: i luoghi della narrazione”, voluto appunto dalla Regione e realizzato a costo zero – c’è la crisi! – grazie a sponsor privati e alla partecipazione gratuita di tutti gli autori. Almeno così mi è stato garantito, al telefono, dal funzionario al quale avevo invece chiesto, per il mio pezzo, un giusto compenso.

“Eh, ma come sei venale!” mi ha detto.

“Bello”  gli ho risposto, “ma se tu chiami l’idraulico non lo paghi?”,  chissà perché ho pensato all’idraulico?, “e quando sono venuto al tuo ristorante – ristorante mò: trattoria, va’ – il conto non te l’ho pagato?”.

Ma poi, visto che sono tanto buono, il pezzo gliel’ho dato.

E ho fatto bene perché il volume è davvero bello.

Elegante ricco: il fior fiore del pensiero lucano offerto al pubblico nel vivace packaging di Palma Fuccella. Come vivace e, al solito colta, è stata la prolusione di Raffaello Mecca che ha ribadito i motivi della scelta di Leonardo Sinisgalli come personaggio simbolo della nostra amata regione, per le sue doti di intellettuale, insieme umanista e scienziato, che ben riflettono l’immagine di rinnovamento e modernità che si vuol dare oggi dei lucani e della Basilicata.

Bene – anzi molto bene, se si calcola poi che l’altro nome in predicato era quello del poeta rusticano Rocco Scotellaro! –  ma allora perché aprire il  per il resto pregevole tomo con una trita eppure efferata pagina dell’infuriato genio matematico. La conoscete sicuramente tutti. Ma rieccovela, e con qualche chiosa.

“Girano i lucani per il mondo, ma nessuno li vede”: più sfigati di così, non lasciano un segno uno!

“non  sono esibizionisti”: e Tery Volini allora? Be’, quella in effetti la si vede solo nella piazza di Potenza;  ma da quanti anni, eh?

“Il lucano più di ogni altro popolo vive nell’ombra” epperché mai? è forse nu precamuorto, ovvero un menagramo? o non sarà  per via che ha qualcosa da nascondere? A me non risulta e comunque l’unico che effettivamente vivesse nell’ombra, era  Donato Bilancia il più efferato serial killer d’Italia –  è pur sempre un nostro primato! – e comunque  di segni ne ha lasciati!

“Quando cammina (sempre il lucano, nda) preferisce togliersi le scarpe, andare a piedi nudi”: carmelitano scalzo o per non consumarle? No, così pidocchioso no, ti prego!

“Quando non lavora non parla, non canta”: cacchio, ecché allegria! un autentico mamone!

“Non si capisce dove mai abbia attinto tanta pazienza”:  soprattutto dove l’attingano quelli che riescono a frequentarlo un simile depresso!

“Abituato a contentarsi del meno possibile (ancora lui, il lucano) si meraviglierà sempre dell’allegria dei vicini, dell’esuberanza dei compagni, dell’eccitazione del prossimo”: quindi tirchio di sicuro allora,  e forsanche invidioso e, a questo punto, di sicuro menagramo se non addirittura impotente,  dalla reazione che ha  l’allegria e l’eccitazione altrui.

Eppoi, la sentenza finale: “Lucano si nasce e si resta”: tié!

Ennò, mio caro Sinisgalli, se essere lucani significa tutto questo e cioè essere depressi, rassegnati, invidiosi, iettatori, dimessi, tirchi e meschini, allora mio carto Sini, ma soprattutto miei cari curatori di “Basilicata: i luoghi della narrazione” che, tra le tante cose meravilliouse che Leonardo ha scritto, siete andati a  riprendere proprio questa mesta lagna della malasorte, allora, io dichiaro che da oggi non voglio più essere lu-cano  ma lu-padrone!

Essì Lupadrone della mia vita e del mio destino, della mia allegria e dei miei desideri  di socialità, lusso e godimento! E vi invito tutti, miei amati corregionali a ribellarvi una volta per sempre ai tristi, tetri luoghi comuni che ci incatenano a un passato che non ci appartiene più; semmai ci è appartenuto.  

E dunque Lupadroni di Basilicata risolleviamoci e marciamo alla conquista del mondo!

Ehi, mi raccomando con belle scarpe made in Italy!


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