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POTENZA – Lo straniamento di dover registrare i dati della crescita dopo aver visto nell’ordine, su via Pretoria: donna dietro cartello “HO FAME” (tutto in maiuscolo come a volerlo urlare); homeless seduto sulle scalette della Trinità; attempato fricchettone scalzo con cappello teso proprio davanti alla sede di Bankitalia. Qui si presenta l’aggiornamento congiunturale de “L’economia della Basilicata”: «Nei primi nove mesi del 2015 la regione è tornata a crescere – si legge nel rapporto di 20 pagine –. La situazione del mercato del lavoro è migliorata ma la ripresa dell’attività produttiva si è riflessa solo in parte sulla dinamica del credito». Tradotto significa che l’automotive continua a trainare produzione ed export, l’edilizia rallenta la sua fase di calo e i mutui aumentano, il turismo cresce (con il boom di Matera: +45,2%) mentre l’occupazione colloca la Basilicata ben al di sopra del resto del Sud e quasi in linea con la ripresa su scala nazionale (disoccupazione al 14,3%, cioè ben 6 punti in meno della media del Mezzogiorno e appena 2 da quella nazionale).

Le statistiche Istat riferite al primo semestre 2015 confermano la «crescita moderata registrata da inizio 2014 e presentata nella relazione dello scorso giugno», commenta il direttore della sede potentina, Giancarlo Fasano: le esportazioni sono più che raddoppiate rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, a fronte di una crescita nel Sud e in Italia rispettivamente del 3,5 e del 5%, e l’incremento delle vendite all’estero è sostanzialmente riconducibile all’automotive; l’export di petrolio greggio, invece, dall’ultimo trimestre dello scorso anno si è azzerato ma – hanno precisato Maurizio Lozzi della divisione Ricerca economica di Bari e Maddalena Galardo – su queste dinamiche influiscono le strategie commerciali delle compagnie sui mercati esteri (l’impatto sull’occupazione dei lavoratori diretti, cioè non dell’indotto, è pari allo 0,3% mentre quello puramente produttivo dell’intero comparto è pari al 7% su scala nazionale).

Tra gli altri settori, nel primo semestre si è registrato un incremento delle vendite di apparecchi elettronici e prodotti farmaceutici e una flessione in quelle di tessile e mobile.

Una novità in positivo è la ripresa della domanda nell’edilizia residenziale, che si è riflessa anche nell’aumento di nuove erogazioni di mutui alle famiglie (5,8%, più che in Italia e nel Sud, dati Omi-Agenzia delle Entrate) mentre i prezzi sono ulteriormente diminuiti: in generale, le famiglie abbandonano le finanziarie e si rivolgono alle banche, come se i prestiti al consumo abbiano lasciato spazio a una prospettiva più duratura incarnata dal mattone — anche questo è un importante segnale di ottimismo. Parallelamente, diminuiscono i tassi di sofferenze sia per le famiglie (2,5%, ovvero un quinto di punto in meno rispetto al 2,7% di dicembre 2014) che per le imprese (dal 4,1 al 3,7%) e aumentano i depositi bancari: ma se per le famiglie questo è un indicatore positivo, per le aziende la maggiore liquidità significa che gli investimenti vengono rimandati a tempi migliori e dunque le aspettative di un miglioramento lasciano il posto alle incertezze — in questo, gli imprenditori “formichine” lucani accentuano una tendenza nazionale. Di qui l’appello di Fasano: dato che nel 2016 gli investimenti nelle aziende lucane dovrebbero calare (gli impianti, a partire da Fca, sono stati riconvertiti e adeguati e sul campione di 100 imprese il 70% ha rispettato gli impegni, con il restante 30% diviso equamente tra chi li ha disattesi e chi li ha ridimensionati al ribasso), la Regione è stata chiamata ad attrarre altri investimenti privati, non necessariamente da fuori regione come avvenuto finora coi grandi gruppi come quello di Detroit.

Va benissimo invece il turismo: in base ai dati provvisori di Apt Basilicata, nei primi 9 mesi del 2015 le presenze in regione sono aumentate del 7,2% rispetto al corrispondente periodo del 2014, con la conferma del fenomeno Matera. E si conferma il momento d’oro dell’occupazione: in Basilicata aumenta del 4%, una crescita superiore a quella registrata in Italia (0,7%) e al Sud (1,4). Si parla di circa 7mila unità sia tra dipendenti che autonomi. E il Jobs Act ha avuto un suo ruolo.

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