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ECCOLO  il dossier con il quale Matera puntella la sua candidatura a capitale europea della cultura. Un malloppo di 69 pagine nel quale il comitato presieduto da Paolo Verri dà fondo a tutte le risorse intellettuali accumulate nel dibattito di questi anni e mette in fila, l’una dietro l’altra, le parole d’ordine in parte note che dovrebbero aprire le porte dell’Europa.

I problemi espositivi arrivano, almeno per il lettore, quando si tratta di mettere mano ai numeri e di disegnare la mappa infrastrutturale capace di far camminare questo prototipo urbano.  Negli ultimi 4 anni, si ricorda, la spesa comunale per la cultura è passata da 650 mila euro (1,6 per cento del bilancio) a  oltre un milione (2,6%) e l’obiettivo è arrivare al 5 per cento del bilancio ordinario nel 2020. Ma, uscendo dalla spesa direttamente culturale, si apprende che il budget complessivo relativo al Progetto Capitale Europea della Cultura sfiora la bellezza di 1 miliardo di euro (900 milioni circa).  Di questi milioni circa 120 serviranno a finanziare nuove infrastrutture a carattere culturale o a migliorare quelle esistenti (inclusi musei, gallerie, teatri, cinema, sale da concerti, centri d’arte); oltre 200 saranno assorbiti dai piani di riqualificazione urbana; e circa 550 da metropolitana, stazioni ferroviarie, cantieri navali, strade, aeroporti. Gran parte di questo programma (con il relativo finanziamento) – si precisa – sarà realizzato anche nel caso in cui Matera non fosse scelta come Capitale europea della Cultura. Staremo a vedere.

Ma torniamo, molto in breve, alla parte per così dire teorica del documento. Innanzitutto: perché dovrebbe essere scelta Matera? “Perché si tratta di una città normale eeppure straordinaria – è la risposta -. Normale perché circa il 75 per cento degli europei vive in città con meno di 100 mila abitanti, come la nostra. Straordinaria perché ha una carica di energia ancestrale che attraversa il corpo alla vista dei maestosi Sassi e dello spettacolare canyon”. Ma questo è soltanto l’incipit. La conclusione, invece, è che  Matera si candida “in nome dell’intero Sud d’Italia. Anzi del sud d’Europa e di tutti i sud del mondo, per esprimere la voce di luoghi dimenticati…portatori di valori profondi, oggi essenziali non solo per l’Europa ma per il pianeta intero”. Il tutto facendo leva sulla circostanza eccezionale che soltanto a Matera “permangono relazioni sociali che garantiscono la solidarietà”. E che, qui, “la trama urbana è fautrice di socialità organizzata, in armonia mimetica con il paesaggio, secondo i principii dell’uso parsimonioso delle risorse e della sostenibilità”. Matera insomma vuole indicare un modello urbano in cui  potrà riconoscersi l’Europa intera: e prospetta un orizzonte  che va oltre le soluzioni fin qui sperimentate  (“perlopiù inefficaci”) alla crisi europea  “sviluppando progetti che creino valori economici ed etici”.

I promotori si spingono a prefigurare la figura del nuovo protagonista di questa città ideale: l’abitante culturale, “dalla cui costruzione discende l’obiettivo, assolutamente prioritario, di creare competenze e occupazione potenziando settori cruciali come l’artigianato creativo ma anche della nuova agricoltura, contrastando in questo modo l’esodo dei giovani dalla città e dalla regione e incentivando il “ritorno dei cervelli”. E così   arte, lavoro e scienza andranno finalmente insieme.

a.grassi@luedi.it

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